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Voluntary disclosure: passato, presente, futuro

La stagione della trasparenza in ambito finanziario e fiscale, promossa dall’Ocse è stata oggetto di un report presentato  dal segretario generale Josè Angel Gurrìa in occasione del  recente G20 di Hangzhou. Analizziamolo insieme       È pari a 55miliardi di euro la valorizzazione complessiva delle maggiori entrate tributarie derivanti dai programmi di rimpatrio dei patrimoni detenuti all’estero. È questo uno dei dati più interessanti che emergono dal report presentato dall’Ocse ad Hangzhou. Il percorso pianificato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, e messo in atto da un grande numero di paesi in tutti i continenti, prevede l’entrata a regime dello scambio automatico di informazioni, tra le varie amministrazioni fiscali, a partire dal 2017. Per il nostro paese l’adozione del programma di voluntary disclosure, conclusosi alla fine del 2015, ha significato un maggior gettito fiscale pari a più di 4 miliardi di euro; a fronte di questo dato le istanze trasmesse all’agenzia delle entrate sono state 130.000, mentre la valorizzazione del patrimonio emerso si avvicina ai 60 miliardi di euro. Altro dato significativo che risalta da questi valori consuntivi, è quello del costo sostenuto dai contribuenti per la regolarizzazione del patrimoni non dichiarati detenuti all’estero, che si avvicina, come media, a una percentuale pari al 7% del valore del patrimonio. Questo dato, comprensivo di imposte non versate a suo tempo, di interessi e di sanzioni, appare certamente sostenibile e tutt’altro che vessatorio. La maggior parte delle attività svelate al fisco italiano provengono dalla Svizzera (più di 41 miliardi di euro sui 60 totali, ovvero circa il 70%) ed alcuni ex paradisi fiscali sono assolutamente poco rappresentati (su tutti Montecarlo, al quale sono ascrivibili emersioni per circa 4,6 miliardi di euro, ma anche Lussemburgo e Liechtenstein che complessivamente superano di poco i 2 miliardi). Il fatto che alcuni territori abbiano contribuito all’emersione di patrimoni nascosti in misura inferiore alle stime, unitamente alle azioni che l’Ocse andrà a reiterare con il supporto dei governi in quei territori nei quali non è ancora stato raggiunto un adeguato livello di trasparenza sui dati finanziari e fiscali, suggeriscono l’opportunità di varare una voluntary bis, che potrebbe comprendere la regolarizzazione dell’anno di imposta 2014 e, un domani, potrebbe funzionare a regime, come avviene in altre giurisdizioni; tale ipotesi è già stata valutata positivamente dal Governo del nostro Paese tant’è che a breve è attesa la nuova normativa.   

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