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Viva l’Italia degli chef

 Cari lettori,e se, alla fine, fosse il tanto vituperato stereotipo dell’Italia “spaghetti&mandolino” a risollevare le sorti del paese?Fuor di battuta, un dato è certo: l’enogastronomia si conferma sempre più il nostro plus dal punto di vista economico e turistico. Dei numeri a doppia cifra che il food&wine italiano riesce a mettere insieme nel settore delle esportazioni, si sa già. Che in ogni angolo del mondo (quelli, beninteso, dove non c’è da fare i conti ogni giorno, purtroppo, con guerre, tragedie e povertà…) ci sia fame di cibo italiano, è evidente a tutti.Negli ultimi anni, tuttavia, un nuovo e interessante elemento sta andando ad aggiungersi al già ricco paniere agroalimentare tricolore, aumentandone sensibilmente l’attrattività. È quello della popolarità mediatica che hanno raggiunto gli chef italiani, veri artisti dei fornelli, capaci – con il loro talento culinario, la loro personalità carismatica, la grande professionalità – di diventare autentici ambasciatori della nostra tavola nel mondo. Se un tempo, insomma, erano semplicemente la mozzarella e il pesto, la pizza e il Grana Padano, il tiramisù e il crudo di Parma a rendere la gastronomia del Belpaese famosa e bramata in ogni dove, oggi sono i cuochi italiani il valore aggiunto del nostro segmento agroalimentare.Uomini in grado – con maestria, creatività, senza sofisticazioni e soprattutto cercando sempre di salvaguardare la materia prima e la genuinità – di dare forma e sapore impareggiabile sulla tavola a tutti i nostri oltre 5 mila tra prodotti tipici e vini.  Ecco dunque perché loro, gli chef tricolori, possono rappresentare i migliori testimonial dei nostri sapori ma anche dei territori. Ognuno di questi grandi chef, per prima cosa infatti, ha studiato la cultura e la gastronomia della terra laddove esercita il proprio mestiere. Ne ha fatto suoi gli intrecci tra culture che hanno generato i giacimenti gastronomici, le storie millenarie e il legame indissolubile tra cibo e comunità.VdG magazine, su questo numero, ha voluto fare un viaggio proprio tra questi grandi artigiani della cucina per interrogarli su ciò che fanno per valorizzare i frutti delle loro terre e per raccontarne le storie. Quello che è venuto fuori ha confermato la tesi da cui siamo partiti: sì, gli chef possono salvare l’Italia. Aiutando l’agroalimentare a consolidare il suo ruolo di driver economico per l’Italia, e supportando, con i loro piatti, la diffusione della cultura enogastronomica, la conseguente esportazione dei nostri prodotti nel mondo ma anche l’incoming turistico nello Stivale da parte dei foodies di ogni continente.Puntiamoci forte, su questa direttrice. Evviva, dunque, i Bottura, i Borghese, i Sultano, i Cedroni!Evviva l’Italia dei saperi e dei sapori!E buon viaggio del gusto a tutti 

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