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Storia e filosfia della Bagna Cauda

Conosciuta e diffusa in tutto il Piemonte, con epicentro tra le colline delle Langhe, dell’Astesana, dell’Alto e del Basso Monferrato, la Bagna Cauda è oggi un piatto che può insegnare tanto, del nostro passato ma anche del nostro futuro. Per scoprirla, il prossimo fine settimana l’appuntamento è con il Bagna Cauda Day

La Bagna Cauda, ben più di una semplice salsa, è un vero e proprio rituale gastronomico che affonda le sue radici nella storia contadina piemontese. Nata come un piatto povero, a base di ingredienti semplici e genuini come aglio, olio e acciughe, si è evoluta nel tempo diventando un simbolo della cultura e della convivialità piemontesi.

Sapor rusticorum e anciuè

Le prime tracce di questa salsa si trovano già nel XIV secolo, in un trattato medico che descrive un piatto simile, amato dai contadini per il suo sapore intenso e avvolgente (definito “sapor rusticorum”). La presenza delle acciughe salate nella salsa medievale è quanto mai verosimile se si pensa che tale prodotto era largamente importato e commerciato dai mercanti astesi in tutto il Nord Italia. Un ruolo fondamentale nella diffusione della Bagna Cauda è stato infatti svolto dagli anciuè, gli acciugai che per secoli hanno solcato le strade del Piemonte, portando casa per casa le acciughe salate, ingrediente fondamentale per la salsa. Originari per lo più dalla Valle Maira (dove è ancora attiva un’associazione di acciugai) e dalle valli limitrofe, questi venditori ambulanti di acciughe battevano sistematicamente le campagne per la vendita “porta a porta”, trasportavandole in barili o nelle grandi e variopinte latte da 10 e più chili, consentendo in questo modo anche alle famiglie famiglie contadine di acquistarne in piccole quantità settimanali, e di conseguenza contribuendo alla diffusione di questa preparazione.

Un piatto povero che si fa valere


È però nell’Ottocento che la Bagna Cauda si afferma definitivamente sulle tavole contadine piemontesi, in particolare nelle zone dell’Astigiano e del Monferrino. Dalle prime vendemmie alla primavera inoltrata, la salsa calda diventa un compagno fedele, riscaldando i cuori e i palati nelle lunghe serate invernali. Preparata in grandi quantità e consumata in famiglia, la Bagna Cauda viene rivisitata e reinventata di giorno in giorno, adattandosi ai gusti e alle disponibilità. Dal piatto principale, con le sue verdure, si trasforma in condimento con l’aggiunta di olio o nuove acciughe, che le fanno assumere progressivamente una consistenza sempre più fluida, rendendola adatta a insaporire la polenta o condire la pasta asciutta e a diventare condimento, magari previa aggiunta di aceto, per grandi insalate.

Le cinque regole della Bagna Cauda

1 – Le acciughe devono essere possibilmente le “rosse di Spagna” chiamate così per la provenienza e per il colore che le carni assumono dopo una salatura e stagionatura di almeno un anno. Ottime anche le migliori e rare produzioni di acciughe liguri e le alici siciliane di Sciacca.

2 – L’olio deve essere extravergine di oliva, preferibilmente ligure.

3 – La Bagna Cauda va tenuta a temperatura elevata, ma non deve friggere e fare fumo.

4 – Si mangia intingendovi verdure crude autunnali, fra le quali i protagonisti sono il cardo “gobbo” di Nizza Monferrato e il peperone crudo o arrostito, seguite dal cavolo crudo, dalla biarava barbabietola rossa cotta al forno, dal topinambur, la patata bollita, il cavolo verza, cuori di indivia o di scarola, cipollotti, cavolfiori lessati e ogni altra verdura si voglia provare.

5 – Può essere servita o con una sola terracotta messa al centro della tavola nella quale si intinge tutti insieme o con singoli fujot, lo scaldino in terracotta che ospita anche la base per la candela.

Un simbolo culturale e una lezione da imparare


“La bagna cauda è un piatto che ha il potere di socializzare i commensali” commenta Carlo Petrini. “L’intingimento lento di tutte le verdure di stagione e del territorio in questa salsa calda, accompagnato da grissie di pane, da sorsi di buon vino rosso e giovane, non può che fraternizzare; ancora una volta i prodotti della terra ci conducono al piacere della tavola. La bagna cauda è cibo slow da consumare lentamente senza l’occhio sull’orologio per paura di fare tardi. La bagna cauda è un piatto emblematico soprattutto perché ci racconta bene cos’è l’identità, a scanso di equivoci. Non c’è dubbio che per i piemontesi rappresenti un simbolo culturale importante, ma pensateci bene: gli ingredienti principali non sono piemontesi. Acciughe e olio sono prodotti tipici della vicina Liguria. Ecco allora che comprendiamo come ciò che dichiariamo identitario non è quasi mai riconducibile a qualcosa di fisso nel passato, immutabile, ma è sempre frutto di scambi, scontri e incontri, un qualcosa che è in continuo, anche se lento, cambiamento. Vale la bella metafora delle radici che ha usato Massimo Montanari, grande storico dell’alimentazione: spesso parliamo con orgoglio delle nostre radici, vogliamo difenderle da non si sa bene quale minaccia esterna, e le consideriamo un qualcosa di intoccabile e puro appartenente alla nostra storia. In realtà, a ben vedere, le radici di un albero però non riconducono mai a un punto fisso di purezza, si diramano nelle direzioni più inaspettate, anche molto lontano dal tronco della pianta e in profondità. La bagna cauda è piemontese perché i piemontesi viaggiavano, facevano commerci con i vicini liguri, perché scambiavano con altre culture. Siamo il frutto di un’interconnessione continua con il resto del mondo, con ciò che ci circonda, con ciò cui veniamo in contatto. E la diversità è l’unica cosa che può garantirci un futuro migliore: è la più grande forza creativa che l’uomo abbia a disposizione”.

Una giornata di festa e condivisione

Arrivati fin qui, la curiosità di assaggiare questo prodotto così sfaccettato e ricco di storia, è inevitabilmente tanta. E l’occasione giusta potrebbe essere quela del Bagna Cauda Day, la più grande bagna cauda collettiva e contemporanea al mondo. L’evento, che andrà in scena in tre fine settimana del 22, 23, 24 novembre e 29-30 novembre e 1° dicembre, a cui si aggiunge la Bagna della Merla 29-30-31 gennaio e 1°-2 febbraio 2025, si celebrerà in più di 150 locali tra ristoranti, cantine storiche e agriturismi, con una disponibilità di oltre ventimila posti a tavola. L’iniziativa è promossa per il dodicesiomo anno dall’Associazione culturale Astigiani che ne destina gli utili a favore di concrete azioni di solidarietà.

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