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Storia di vini, di Valorie di virtù in Val Vibrata

  Il viaggio alla scoperta di un territorio, delle sue vigne, dei borghi e della natura più verace, può trasformarsi in un’esperienza di vita, in un momento di riflessione. Succede nel Teramano, se si ha la fortuna di addentrarsi nella vallata a ridosso del confine tra Abruzzo e Marche in compagnia di una guida d’eccezione, dal fisico dell’ex calciatore, la mente del filosofo e la competenza del vignaiolo. Un viaggio che sarà bello ripercorrere assieme. Nomen omen, dicevano i latini. Nel nome c’è il destino degli uomini. Forse è vero, e forse no. Ma a volte ci sono storie che ti fanno credere che sia davvero così. Storie, ad esempio, come quella di Luigi Valori da Ascoli Piceno: un passato da calciatore di serie A (proprio con la maglia bianconera del mitico Ascoli anni ’80 del Presidentissimo Costantino Rozzi) e un presente felice da “vignaiolo illuminato” in Val Vibrata. È lui, l’uomo col destino già scritto nel cognome, il “maestro gentile” di virgiliana memoria che ci conduce alla scoperta di questa vallata in provincia di Teramo stretta tra i monti della Laga e il mare, e fatta di vigneti pettinati e borghi medievali: un piccolo mondo antico, lontano anni luce dai frizzi e dai lazzi metropolitani, che vive ancora di cose semplici e di quieta bellezza. Ma che ci fa un marchigiano in Abruzzo? «Sono ascolano di nascita e abruzzese trapiantato – puntualizza Luigi –  ma queste sono distinzioni buone solo per la geografia. Da queste parti, l’unica distinzione che conta è essere nati al di qua o al di là del Tronto». Le vigne, il calcio, la teologiaIn effetti, la Val Vibrata è il primo pezzo d’Abruzzo che, venendo da Nord, s’incontra una volta lasciate le spalle le Marche, e il fiume Tronto, adagiato proprio sul confine tra le due regioni, è giusto a un tiro di schioppo. Sono meno di 20 insomma i km che separano Ascoli da Sant’Omero, il piccolo paese che vanta la chiesa millenaria di Santa Maria a Vico tra le più antiche d’Abruzzo e che Luigi Valori ha eletto a dimora della sua seconda vita. E non a caso: questa, per storia e vocazione, è la roccaforte del Montepulciano d’Abruzzo Doc. Su queste colline vitate, che guardano all’Adriatico e si fanno baciare dal sole per tre quarti dell’anno, nascono vini rossi aromatici e cerasuoli di incomparabile pregio. Così come anche bianchi di ottima beva e piacevole freschezza quali Trebbiano e Pecorino. È qui, tra Sant’Omero e Controguerra, altra zona di produzione vinicola a denominazione controllata, che Valori, nel 1996, partendo da un fondo di appena tre ettari, ha messo su la sua piccola azienda (prima puntando sugli autoctoni poi anche sugli internazionali), dopo anni passati a tirare calci a un pallone negli stadi di mezz’Italia. A vederlo oggi, quest’omone con due spalle e un sorriso grandi così, i capelli candidi e gli occhi che brillano d’una intelligenza vivissima, non fai fatica a immaginarlo con addosso la divisa da mezzala e gli scarpini. I muscoli sono ancora quelli di quando affrontava i tackle di arcigni terzini, ma lo spessore umano e intellettuale è cambiato, è cresciuto, forse di pari passo con quei filari di vigna di cui va tanto fiero. «La mia passione è nata proprio grazie al calcio che mi ha dato la possibilità di viaggiare e conoscere alcuni tra i migliori vini al mondo. Me ne sono innamorato, il resto è venuto da sé. E oggi posso dire che lavorare in vigna è l’esperienza di crescita più straordinaria della mia vita, perché mi ha insegnato a conoscere i miei limiti, prima ancora che a fare vini eccellenti» ama ripetere Luigi. In mezzo, val la pena ricordarlo, tra i campi da calcio e i campi coltivati a vite che oggi sono la sua vita, sono passate due lauree: una in agraria ed una in teologia. La seconda, soprattutto, ha fatto di Luigi un uomo nuovo, diverso. Che ama discettare di immanenza e trascendenza, di Dio e di Platone, mentre ti spiega quanto è importante che il grappolo sia “spargolo”, cioè che vi sia distanza e aria tra gli acini, «perché questo», dice «dà la possibilità all’uva di arrivare alla maturazione massima, senza farsi intaccare da pioggia e altri fattori macroclimatici. Nelle mie vigne – aggiunge – l’uva dev’essere sana e matura. Non c’è storia». Anche oggi che la Società Agricola Valori può vantare 26 ettari di superficie vitata, sette etichette – tre di Montepulciano, un Trebbiano, un Pecorino, un Merlot Inkiostro, un Cerasuolo Bio che lo scorso  anno s’è guadagnato la medaglia Top Gold al prestigioso International Organic Award – e un player mondiale del vino italiano come Masciarelli quale partner per la distribuzione, a certi “valori” (e qui torna la faccenda del nomen omen) questo vigneron col fisico da atleta e il cervello da filosofo, non derogherebbe nemmeno sotto tortura. Mentre ci porta a vedere il fiore all’occhiello della sua tenuta, quel vigneto “Sant’Angelo” vecchio di mezzo secolo da cui tira fuori una delle sue Riserve, il Montepulciano d’Abruzzo Doc Vigna Sant’Angelo, spiega la sua visione escatologica del mondo: «A un certo punto ho capito che la terra non era solo un luogo di coltivazione ma il luogo dove ritrovare la mia libertà e la felicità. Qui, tutto nasce, germoglia e muore, per poi rinascere e divenire eterno. La terra è luogo di verità e immortalità, è la natura». Da qui la scelta di fare vino seguendo sostanzialmente due dogmi: la naturalità appunto, che significa rispetto dell’ambiente e del ciclo delle stagioni (dal 2015 la produzione Valori è biologica) e la convinzione che per ottenere uve di grande qualità ed equilibrio bisogna forzare le viti al limite della coltivazione: «solo così – conclude – posso fare vini che mi assomigliano. Schietti, veraci, etici, pieni di passione».       >> Sfoglia la Gallery <<     … quindi uscimmo a riveder le stelleLuigi starebbe ore a spiegarci come ogni giorno è impegnato a tradurre in cantina la sua personale weltanschauung, ma a un certo punto si stoppa e ci invita a seguirlo. Ha fretta di farci scoprire gli altri tesori della Val Vibrata. «Non si possono capire i miei vini se non si conosce il territorio», dice. Allor si mosse, e io li tenni dietro, ci verrebbe da dire mutuando la famosa strofa dantesca. Il resto del viaggio è un excursus tra il borgo di Torano Nuovo, teatro ogni anno in agosto di una delle sagre enogastronomiche tra le più conosciute d’Abruzzo, e quello “fantasma” di Faraone dove sopravvivono solo i resti delle fortificazioni medievali. Ma quello che a Valori preme di più mostrarci è Civitella del Tronto, borgo ai piedi del Gran Sasso che si fregia della fortezza spagnola più grande d’Europa, ultimo baluardo borbonico a crollare sotto i colpi dell’esercito piemontese, dopo l’Unità d’Italia. «Chi viene in Val Vibrata – ci informa durante il tragitto – non può non mangiare le ceppe, una pasta all’uovo fatta a mano, da condire con porcini e tartufo. Ma anche la capra cucinata alla Neretese, cotta nel tegame con peperoni rossi, e la porchetta: a Campli fanno la migliore sagra d’Italia nel suo genere. Ah, e poi ovviamente, “le virtù”, il piatto che forse rappresenta meglio la gastronomia teramana. Ma adesso, accelera, andiamo al ristorante, dal mio amico Daniele Zunica. Ho fame, abbiamo parlato abbastanza». Già, abbiamo parlato abbastanza. E adesso siamo proprio sicuri che i latini, sul nomen omen, avevano ragione.   DOVE&COMESocietà Agricola Luigi ValoriVia Torquato al SalinelloSant’Omero (Te)Tel. 0861.88461   LA CURIOSITA’ Le virtù teramanedi Riccardo Lagorio Un rito collettivo: difficilmente altrove si trova lo stesso attaccamento a un piatto quanto nel Teramano si riscontra quello dedicato alle “Virtù”. Secondo tradizione la pietanza si prepara solo il 1° maggio, così diventa un’esperienza unica. Indiscussa la sua originalità: un numero imprecisato di legumi (ceci, lenticchie, fagioli, piselli e fave), verdure (carote, patate, cicoria, spinaci), una lunga teoria di odori (da quelli nostrani come aglio e cipolla a quelli più esotici come noce moscata e chiodi di garofano) e poi carne (guanciale e pancetta), pasta e materie grasse (olio d’oliva e burro). Non esiste una ricetta riconosciuta e codificata: ci si basa piuttosto su usi familiari tramandati oralmente per il tramite di una preparazione di tipo conviviale. Un piatto che ricorda quei cibi “pulisci-dispensa” ancora oggi diffusi in alcune realtà rurali. Secondo alcuni, alle Virtù corrisponde il mistico significato del numero sette: sette dovevano essere i tipi di pasta, sette i legumi, sette le erbe, sette le ore di preparazione da parte di sette vergini. Quel che è certo sono la lunghissima fase preparatoria e la festa durante la quale i maggiolanti, improvvisati artisti locali, passano di casa in casa annunciando l’arrivo della bella stagione e si riuniscono infine intorno alla tavola per consumare le Virtù come in un’antica liturgia propiziatoria di buoni raccolti.  Scelti per voiDove mangiare Zunica 1880Cucina elegante. Un vero must. Menu da 45 euro.  È anche hotelPiazza Filippi Pepe, 14Civitella del Tronto – Città Fortezza (Te)Tel. 0861.91319www.hotelzunica.it  Ristorante ZenobiGodetevi il panorama, poi la tavola verace. Menu da 30 euroContrada Riomoro, 132
Colonnella (Te)
Tel. 0861.70581www.ristorantezenobi.it  Dove Dormire Hotel Casa RossaConfortevole. Doppia da 66 euroVia Ascolana, 58,Alba Adriatica (Te)Tel. 0861.711899www.hotelristorantecasarossa.it              

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