… acque limpide. Sono questi i tesori del borgo agricolo del Vulture dove semplicità contadina, spiritualità, sorgenti, cascate e una natura fertile si incontrano creano un quadro idilliaco e una meta insolita e suggestiva per le prossime vacanza in Basilicata. Da queste parti le chiamano U Uattenniére. Sono le cascate nate dalle acque del torrente Bradano che, nel suo cammino attraversi l’Appennino Lucano, attraversa il territorio di San Fele. I ripidi crinali che caratterizzano questa zona del Vulture costringono infatti le limpide acque a salti di quota, guizzi e balzi di roccia in roccia, dando vita a un vivace scroscio che fa da colonna sonora a una passeggiata tra le cime che abbracciano il borgo di San Fele. Storia e naturaMa cosa significa U Uattenniére? Il nome deriva dal termine dialettale utilizzato per le gualchiere, macchine usate negli antichi opifici costruiti a ridosso delle cascate proprio per sfruttarne la forza dell’acqua e “battere” la lana grezza. Forza che veniva impiegata anche per i molini, i cui resti, così come quelli degli opifici, testimoniano ancora oggi l’ingegno e la devozione al lavoro dei sanfelesi. Una devozione rivolta anche verso la propria terra che si esprime nel lavoro dei volontari dell’Associazione Uatteniere costituita per valorizzare e promuovere le risorse locali e grazie alla quale oggi possiamo raggiungere e ammirare gran parte delle sue cascate riportate al loro antico splendore, percorrendo suggestivi itinerari naturalistici adatti a tutti i visitatori. Siamo a 864 metri sul livello del mare, nella zona che ospita una dei borghi più a Nord della Basilicata, le cui abitazioni sono arroccate intorno a due monti, il Torretta e il Castello. Il centro storico di San Fele è ricco di pregiati palazzi nobiliari sorti in prossimità di Piazza Garibaldi, dove si fa notare anche l’ex Convento di Suore Salesiane. E sono proprio i luoghi della fede il cuore di questa cittadina che, nel 1800, ha dato i natali a San Giustino De Jacobis, noto come il padre della Chiesa d’Etiopia perché a lungo vissuto in quelle terre da missionario, e proclamato Santo nel 1975 da Paolo VI. I luoghi della fedeE proprio in Piazza Garibaldi incontriamo la statua dedicata la Santo, sita sulla scalinata che porta alla Chiesa di Santa Maria della Quercia, costruita nel 1514 all’interno della quale si fa notare un bell’altare in marmo policromo e un pregevole crocifisso ligneo del seicento. Da vedere anche la Chiesa di Santa Lucia del XVII secolo, visitabile in occasione della festività di Santa Lucia e del Giovedì Santo; la Chiesa dell’Annunziata sempre del XVII secolo, nei pressi della casa natale di San Giustino De Jacobis; la Cappella della SS. Annunziata all’entrata del cimitero, con il suo pregevole portale, e la Cappella del Calvario, lungo la via omonima, costruita interamente in pietra. È poco fuori porta però che sorge il centro religioso più importante della zona. Siamo a 10 km da San Fele, su un alto pianoro dove, a ridosso dell’incombente masso roccioso del monte Pierno, si trova l’antica abbazia benedettina di Santa Maria. Anche se non esistono fonti documentarie, molti sono gli indizi che fanno supporre la presenza di un cenobio prenormanno, forse legato a monaci basiliani che, in fuga dalla Calabria e dalla Sicilia, si stanziarono in questo sito; secondo la leggenda, la chiesa del complesso sarebbe sorta nel 1139 per iniziativa di San Guglielmo da Vercelli che aveva trovato una statua della Madonna proprio sul monte Pierno. In argomento anche uno dei principali eventi che si svolgono a San Fele, Spiritualia, rassegna letteraria sui temi della fede che intavola un confronto tra giornalisti, teologi, intellettuali. La parola al sindaco-fornaioOgni mattina, Donato Sperduto, sindaco di San Fele, si alza all’alba e si reca al piccolo forno che gestisce per portare il pane ai suoi concittadini. Un gesto umile, che bene racconta dello spirito non solo di Sperduto ma di tutta la popolazione di San Fele. «Gente innamorata per la propria terra – sottolinea il sindaco –, che sa mobilitarsi per valorizzarne i tanti tesori». Quali, è presto detto: «i luoghi di culto, senza dubbio, con la chiesa di Santa Maria di Pierno in primis e la memoria di San Giustino De Jacobis, ma anche le testimonianze dei mulini ad acqua e delle gualchiere lungo il Torrente Bradano, e il patrimonio immateriale di storie e le leggende legate alla transumanza e al brigantaggio». «Impossibile non ricordare anche Mario Esposito – prosegue il sindaco – giornalista e organizzatori di eventi, a lui è legato lo slancio culturale vissuto negli ultimi anni San Fele principalmente con il Premio San Fele d’oro, costola lucana del Premio nazionale di cultura e spettacolo Penisola Sorrentina Arturo Esposito, che ha portato qui, nel corso degli anni, personalità dell’arte e dello spettacolo come Roberto Vecchioni, Ugo Pagliai, Rocco Papaleo, ma anche uomini di scienza come il reumatologo Ignazio Olivieri». «E poi ci sono le eccezionali risorse naturalistiche e quelle gastronomiche, dalle carni alle castagne ai frutti del sottobosco, ai formaggi più tipici come caciocavallo, pecorino e ricotta». Da assaggiare con una fetta di pane del sindaco, magari! Per saperne di più:www.comune.sanfele.pz.it