Un viaggio attraverso i sapori natalizi della località lombarda tanto amata non solo dai vip, ma anche – e soprattutto – dai suoi cittadini
Il Lago di Como attrae visitatori da ogni parte del globo, affascinati da un paesaggio unico – si, perché le montagne che abbracciano il bacino lasciano davvero a bocca aperta – e dalle meravigliose ville che popolano i paesini arroccati sulle sponde, scelte spesso come location di film hollywoodiani e buen retiro da molti celebri attori.
Ma il Lario – nominato nel 2014 lago più bello del mondo dal quotidiano online “The Huffington Post”- così famoso tra i turisti perché costituisce la cornice di un territorio vario e ricco di storia, lo è meno per la sua gastronomia, fatta di sapori forti e gusti decisi, retaggio della cultura contadina.
Una cucina però apprezzatissima dai suoi abitanti, che soprattutto in occasione delle festività natalizie sfoderano i ricettari delle nonne per servire sulle proprie tavole i piatti tipici della tradizione, caserecci e dai nomi in dialetto.
A questo punto, dopo avervi fatto venire l’acquolina in bocca, vi proponiamo un menù tutto comasco, che però non si compone degli ormai famosi “cassoeula” – specialità a base delle parti meno nobili del maiale e verza -, “polenta e misultin” – gli agoni del Lago, pescati tra maggio e giugno, fatti essiccare al sole su appositi trespoli di legno e poi pressati in scatole di latta insieme a foglie di lauro – e “risotto con filetti di pesce persico” ma consta di cibi meno noti e assolutamente gustosi.
I piatti delle feste natalizie del Lago di Como
Le tradizioni alimentari dei paesi sviluppati attorno al Lago di Como sono piuttosto omogenee: in tutto il territorio si fa ampio ricorso ai cereali minori, al grano saraceno e alle castagne; le carni preferite sono quelle bianche o di selvaggina; il pesce d’acqua dolce è sicuramente tra le pietanze protagoniste; gli ortaggi e le erbe aromatiche sono ampiamente utilizzati.
Una delle più antiche specialità di Bellagio è il “toc”, una polenta molto cremosa cucinata con una gran quantità di burro e formaggio d’alpeggio e cotta in un paiolo. Essendo un piatto particolarmente ricco e grasso, le famiglie contadine servivano il “toc” durante le occasioni speciali – come il Natale – e lo digerivano con un bicchiere di “ragel”, un particolare vin brulè.
Tipico invece della zona montuosa del Lario occidentale è lo “zincarlin”, un formaggio aromatizzato con il pepe che veniva preparato a partire dalla ricotta d’alpeggio nella stagione estiva, e conservato fino in inverno in particolari mobili detti marne. In genere ancora oggi lo si presenta insieme a fagioli e cipolle, due prodotti facilmente reperibili per gli agricoltori e i pastori che abitavano questi territori.
Per accompagnare i piatti, un vero comasco consiglierà la “filascetta” e il “pan mataloc”: la prima è una focaccia originaria di Dongo – alto Lago – a base di pasta di pane e cipolla, mentre il secondo è un particolare pane dolce tipico della zona bellagina, e veniva proposto ai commensali per festeggiare il Natale.
E per concludere il vostro pasto festoso, potrete sbizzarrirvi con uno dei tanti dolci della tradizione lariana. La “miascia” è una torta tipica preparata con pane raffermo – “pan poss” in dialetto – a cui si aggiungono frutta secca e fresca; nonostante sia davvero gustosa e oggi costituisca una sana merenda, si tratta di un pietanza molto povera che veniva servita solo per celebrazioni speciali o addirittura – tra le famiglie più povere – come piatto unico. Il “paradèl” è una sorta di crêpe, un frittellone dolce che per essere cucinato necessita solamente di latte, farina e uova. La “rüsümada” – il mio dolce tipico preferito, perché mi ricorda davvero le feste in famiglia – è una bevanda piuttosto densa composta da uova, zucchero e vino rosso; essendo molto energetica, nei tempi passati veniva utilizzata come rimedio contro i malanni di stagione.
La cucina tipica del Lago di Como, di retaggio contadino, continua ad animare le tavole di tutti i cittadini di questo territorio, che fieri si tramandano le ricette dei propri avi di generazione in generazione. E, magari, il prossimo vip che si recherà a Cernobbio o a Laglio al ristorante ordinerà una porzione di “toc” e una bella fetta di “miascia”, sorseggiando un buon bicchiere di “ragel”.
a cura di Chiara Volontè