Il periodo della vendemmia in Italia non è solo il momento della raccolta dell’uva, ma anche quello in cui prendono vita antiche ricette che utilizzano il mosto come ingrediente principale. Questa tradizione millenaria ha dato origine a numerose specialità regionali da scoprire
Un patrimonio dolce attraverso le regioni
Il mosto, succo d’uva non fermentato, è stato storicamente utilizzato come dolcificante naturale nella tradizione culinaria italiana. Viaggiando attraverso la penisola, incontriamo preparazioni che testimoniano l’ingegno dei nostri avi nel trasformare questo prezioso ingrediente.
In Emilia-Romagna e nelle Marche, la saba (o sapa) rappresenta l’essenza stessa di questa tradizione: si tratta di mosto cotto pazientemente fino a ridursi a un terzo del volume originale, creando un condimento denso e profumato che arricchisce sia preparazioni dolci che salate.
La tradizione romagnola ci regala anche i sugali, dolcetti dalla consistenza unica che nascono dall’unione di farina e mosto cotto.
Scendendo verso sud, il vincotto pugliese diventa protagonista delle festività natalizie, impreziosendo le tradizionali cartellate con il suo sapore intenso e avvolgente.
La tradizione dei mostaccioli, biscotti speziati che un tempo vedevano il mosto cotto tra gli ingredienti principali, attraversa invece diverse regioni del meridione, testimoniando come questo ingrediente abbia saputo varcare i confini territoriali.
La mustata: tesoro siciliano
Ma è in Sicilia, precisamente a Pachino, che troviamo una delle espressioni più autentiche di questa tradizione: la mustata. Questo dolce ancestrale, che vanta oltre cinque secoli di storia, rappresenta non solo un prodotto gastronomico ma un vero e proprio patrimonio culturale.
La sua preparazione, come ci racconta lo storico Luigi Lombardo, risale al ‘400 e si inserisce in un rituale che coinvolge l’intera comunità durante il periodo della vendemmia.
La ricetta, tramandata di generazione in generazione, richiede l’utilizzo del mosto primofiore, il succo d’uva appena spremuto, che viene lavorato secondo antichi metodi. Come spiega Walter Guarrasi, presidente dell’associazione Vivi Vinum Pachino, la preparazione richiede una paziente cottura e una particolare attenzione: il momento giusto della cottura viene determinato attraverso un test tradizionale, quando il cucchiaio di Mustata versato sulla formella di ceramica si stacca con un semplice soffio.
La degustazione della mustata diventa essa stessa un momento di condivisione: tradizionalmente viene consumata calda, con la famiglia riunita attorno al pentolone, ma può essere anche gustata fredda dopo un periodo di riposo nelle caratteristiche formelle. Durante il periodo natalizio, questo dolce trova una nuova vita diventando ingrediente prezioso dei cuddureddi cini, in un ciclo che rinnova la tradizione.
Oggi, la Mustata si prepara a scrivere un nuovo capitolo della sua storia: lo scorso anno, il 22 settembre 2023, il Comune di Pachino e l’associazione Vivi Vinum hanno firmato un protocollo d’impegno per avviare il percorso di riconoscimento come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT). Un passo importante per preservare e valorizzare questo patrimonio gastronomico che racchiude in sé non solo sapori, ma anche storia, tradizione e identità culturale.