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Italia? N’UN-ESCO…

 Niente da fare. Il mese prossimo, da Istanbul a Roma arriverà un “Niet”. O meglio un “Ritenta, sarai più fortunata”.
La commissione Unesco che, a luglio, si riunirà nella capitale turca, non aggiungerà – per quest’anno – nessun bene italiano nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. Il responso negativo è di pubblico dominio da qualche settimana. Dunque per il Belpaese, nel 2016, non ci sarà alcuna possibilità di incrementare la sua leadership mondiale nella classifica dei beni protetti appartenenti al patrimonio mondiale, la cosidetta World Heritage List che già annovera comunque 51 siti tricolori (contro i 48 della Cina, Paese che la insidia più da vicino) tra i quali spiccano, com’è noto, luoghi di bellezza e valore “universalmente” riconosciuti come il centro storico di Roma e di Firenze, il Cenacolo Vinciano e la Torre di Pisa, la costiera Amalfitana e la Laguna di Venezia. Peccato, poteva essere l’occasione buona per aggiungere altre bellezze nostrane all’ambito elenco che la “Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura” stila a tutela dei luoghi naturali e dei beni culturali che nel mondo rappresentano delle particolarità di eccezionale importanza e sono contraddistinte da “unicità ed insostituibilità” (nel caso andassero perduti), per come stabilito dalla Convenzione Unesco del 1972. Per le buone notizie, sulle sponde italiche bisognerà aspettare forse un altro anno, quando, secondo le indiscrezioni, potrebbe essere “Ivrea, città industriale del XX° secolo” la 52esima medaglia firmata Unesco che il nostro Paese potrebbe appuntarsi sul petto. Per tutti gli altri aspiranti – la “tentative list” italiana ne comprende, a tutt’oggi, 41 – i tempi sono destinati ad essere ancora più lunghi. E per gran parte di loro, verrà così
 
superato il decennio di attesa: 34 siti (su 41, appunto) sono appesi al verdetto Unesco dal 2006. L’ultimo a entrare nella prestigiosa lista è stato, lo scorso anno, la “Palermo arabo normanna e le Cattedrali di Cefalù e Monreale”. L’elenco dei candidati, quello dei beni “materiali” (perchè l’Unesco prevede anche uno speciale registro di quelli “immateriali” tra i quali figura, tra gli altri, l’arte dei pizzaiuoli napoletani), al pari di quelli già eletti resta comunque uno straordinario compendio di arte, cultura e paesaggi che, quanto a caratteristiche peculiari, meriterebbe di diritto di finire tra i patrimoni dell’umanità Unesco. Ma a Parigi, sede dell’Organizzazione, si ragiona (anche) per criteri geografici e dunque, bisogna accontentare a rotazione tutti i 161 Paesi che ne fanno parte. Sul prossimo numero in uscita a luglio, VdG magazine ha deciso di raccontare proprio i siti candidati, attraverso un itinerario che parte dai giardini botanici Hanbury di Ventimiglia in Liguria fino alla Cattolica di Stilo, in Calabria. Una sorta di omaggio che la rivista vuole fare proprio ai siti che da anni attendono di essere iscritti, ma anche un modo per far scoprire ai lettori quelli meno conosciuti.— 

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