Il Premio Iolanda
Un libro da mangiare, un nutrimento per la mente, le pagine che diventano il luogo di una conoscenza talvolta perduta. Il libri si leggono all’aria aperta, dentro la propria camera, in viaggio, con la luna, il sole, la pioggia, è un bisogno dell’umanità di stare con se stessa. Nasce così, tra un piatto di sagne incannulate e il profumo di una paparina con le olive il Premio Iolanda, per la prima volta un premio letterario sui libri di cucina e di ricette a cui si aggiunge, dal 2020, anche la letteratura sul vino.
I libri di cucina e ricette
I libri di cucina sono un mondo, terreno e spirituale nello stesso tempo, è quella letteratura che ti sorprende perché il viaggio dell’umano si è sempre costruito anche tra pentole e fornelli. Ecco le grandi cucine, quelle che ritrovi nel castello Carrarese di Monselice, fino alle cucine maestose, dai camini giganteschi, del castello di Obidos in Portogallo.
Il Premio Iolanda nasce da una mia idea condivisa con Davide Paolini nel 2018 a Santa Maria di Leuca, all’hotel Terminal, passando per Lucugnano, dentro la trattoria da Iolanda, fino a Tricase, dove avvengono le prime cerimonie di premiazione. I giurati sono strepitosi, come Carlo Cambi, Catena Fiorello, Marina Valensise, ma anche Silvio Perrella, dal 2020 Enrico Semprini, Seby Costanzo, Francesco Planeta con Alvaro De Anna e i suoi vini eroici, c’è pure Leone De Castris con il suo five roses e il grande sostegno di Benedetto Cavalieri, la pasta più amata nel mondo.
Enrico Pandiani “Il gourmet cena sempre due volte” vince edizione 2020
Parliamo del premio 2020 vinto da Enrico Pandiani con il libro Il gourmet cena sempre due volte. Due investigatori che alla ricerca dei delitti, dei criminali e le sue vittime, ci portano in lungo e in largo verso una Parigi strepitosa e soprattutto dai piatti straordinari. Bamalou e Mamirol sono i protagonisti della storia intricata tra Messieu Pelardon che assume due investigatori per trovare dov’è finita Klila Rayeb.
Il libro nel piatto, recensione
Tutta l’opera di Pandiani è nella sua Parigi, ti fa accarezzare il cioccolato come se fosse la pietanza di un re, ti fa stare dentro ai bistrot con gli ottimi filets de thon marinés o riesce tra un appostamento per ritrovare la ragazza scomparsa ti fa stare nel ristorante che ha le migliori ostriche di Parigi, con un plateau di perles de l’impératrice di Joel Dupuch, l’osticultore di Cap-Ferret che compare addirittura nel film di Guillaume Canet Les petits mouchoirs.
Ogni colpo di scena è garantito assieme ai luoghi raccontati tra ristoranti, cocktail bar, café e persino qualche negozio di gourmet che il bravo Pandiani ha l’abilità di lasciarne un elenco completo di indirizzi alla fine del libro. E così tra le tendine e le boiserie della brasserie di Lipp possiamo poi sostare tra un caffè e altro nel café de Paris. Una Parigi meravigliosa, ben lontana però da una parigi triste e sottomessa al covid, dove trovare ancora le sensazioni di prendere un caffè guardando davanti la senna o infilare il cucchiaio nella suop di cipolla sono solo un ricordo.
L’opera ricorda tutto un mondo della narrativa giallistica che va da Rex Stout a Nero Wolfe ogni piatto era ben descritto ed era una sfida a quanto e come veniva cucìnato, ma sempre di cucina ritroviamo anche Maigret, piatti più sottomessi e meno elaborati, che proprio nella sua Parigi, tra trattorie e cucine ci fa stare. Più schematico e meno ridondante sono i personaggi Poirot e Miss Marple di Agatha Christie anche perché il mondo della campagna inglese o quello di Londra è più proteso a creare l’ambientazione delle case vittoriane che il mondo della cucina inglese che si snoda tra pudding, porrige e il famoso thé delle cinque. Esiste in ogni caso una psicologia che sembra delineare l’influenza importante ed interessante sul rapporto che abbiamo con il cibo. Il palato ha una sua eccellenza ed è legato al grande mondo delle pulsioni, quello che Freud delinea molto bene in una delle sue opere, Al di là del principio del piacere.
L’opera di Pandiani dà onore alla letteratura giallistica e all’arte della cucina e del buon mangiare che in un mondo così sottomesso alla velocità dei suoi ritmi che alla sua virtualità è stato ampiamente svilito e mortificato. Con la pandemia che ci ritroviamo oggi a stare molto di più a stare nelle case, forse l’arte di costruire un piatto magari ritrovato nella memoria della cucina di una zia, di una nonna, di una cucina antica, recuperando così quel rapporto di equilibrio mente-corpo così importante per la nostra esistenza.