Un giovane siciliano dallo spirito globetrotter, la chef di un locale tutto al femminile e l’erede di una trattoria del 1952: ecco tre storie di chef emergenti che a Firenze si stanno costruendo una certa fama…
Firenze, palcoscenico di chef stellati e non solo
In una città come Firenze è facile, e per certi versi naturale, che a prendersi il palcoscenico siano gli chef stellati: da Marco Stabile (Ora d’Aria) a Filippo Saporito (La Leggenda dei Frati), dal partente Vito Mollica (Palagio del Four Seasons Hotel) a Karime Lopez (Gucci Osteria), dal bistellato Rocco De Santis (Santa Elisabetta) fino al tristellato Riccardo Monco (Enoteca Pinchiorri). Eppure la città esprime anche una serie di nomi destinati a ritagliarsi uno spazio nel prossimo futuro. Non ci riferiamo a giovani talenti già consolidati – da Edoardo Tilli ad Andrea Perini fino a Simone Cipriani – ma a ragazzi che proprio in questi ultimi due anni stanno emergendo. Eccoli…
Salvo Pellegriti della “Vetreria”
Giovane chef originario della provincia di Catania, dopo aver viaggiato per il mondo fino a raggiungere l’Australia, da qualche anno Salvo Pellegriti ha messo radici a Firenze, ai fornelli della Vetreria in via del Proconsolo, proprio dietro il Duomo. Qui ha fatto sì, anche grazie alla liaison con le pizze di Donato Menechella (2 spicchi del Gambero Rosso), che il ristorante diventasse una fucina di cucina creativa e di piatti mai banali.
Cucina tutta tecnica e fantasia
Ancora per certi versi poco noto al pubblico mainstream fiorentino, Salvo Pellegriti unisce nei piatti del suo menu una mano felice, un alto tasso di complessità e un connubio tra fantasia e tecnica. E’ il caso della “Caprese nell’uovo”, una rivisitazione della classica caprese in cui l’uovo è formato da bufala sciolta e ricomposta – cui è stata data la forma del guscio – così come l’albume. Il tuorlo è ricavato invece da pomodori gialli e rossi, mentre la paglia su cui è adagiato non è altro che sedano rapa. Il tutto su un letto di basilico che il commensale scopre solo nel corso dell’assaggio.
Elena Rindi di “Olivia”
Classe ’87, la giovane chef Elena Rindi ha già alle spalle esperienze “stellate” con Marco Stabile a Firenze e Oliver Glowig a Roma, e – dopo un passaggio al Borgo San Jacopo con Peter Brunel, sempre in riva all’Arno – da qualche tempo è alla guida della cucina di “Olivia” in piazza Pitti, dove ha preso il posto di Giacomo Piazzesi, rinsaldando il particolare legame del ristorante con l’olio extravergine (non a caso è gestito da Serena Gonnelli dello storico frantoio Santa Tea di Reggello, in Toscana).
Sapori all’olio d’oliva
«Non avrei mai pensato che avrei rinunciato all’utilizzo del burro, che adoro – racconta Elena, alla sua prima esperienza alla guida di una cucina – ma l’arrivo da Olivia mi ha aiutato a riscoprire tanti sapori legati all’olio Evo». Ne è un esempio il tortello di burrata con crema di melanzane, pomodoro e basilico: piatto estivo, fresco, “italiano” (non solo nelle nuance che richiamano il tricolore ma nell’adesione al principio di ricercare il sapore attraverso semplicità e leggerezza) e goloso. Altra chicca del locale è di essere tutto a trazione femminile: oltre alla titolare Serena Gonnelli e alla chef Elena Rindi, dietro il bancone ha preso posto la barlady messicana Adrine Briz.
Lorenzo Romano della “Insolita Trattoria”
Chef autodidatta, da un paio d’anni Lorenzo Romano ha preso in mano le redini della trattoria di famiglia (la Trattoria Tre Soldi, attiva dal 1952) cambiando in modo radicale lo stile di cucina. Abbandonati i canoni della tradizione, pur non rinnegando alcuni dei piatti che suo padre e suo nonno hanno servito per decenni prima di lui, Lorenzo si è messo a divorare libri di chimica degli alimenti e nel giro di poco tempo ha elaborato una cucina d’ispirazione contemporanea e dal forte impatto camouflage.
Un tour gastronomico-sensoriale
In altri termini, nulla è ciò che sembra: allo chef piace giocare con la vista, il tatto e il palato, dando vita a un tour di rimandi gastronomico-sensoriali che magari sono già sdoganati nei ristoranti d’alta fascia delle grandi città, ma che nelle periferia fiorentina sono da considerarsi ancora una rarità. L’effetto sorpresa viene mantenuto dalla carbonara, realizzata con crema pasticciera (sic!) e il tuorlo d’uovo grattato come fosse bottarga. «Tutto ciò che c’è di dolce nella crema pasticciera – racconta Lorenzo – viene sostituito da ingredienti sapidi».
Photo credits ©Luca Managlia