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Il cibo italiano piace sempre di più, e aumentano i falsi

Un mercato che fa gola a tutti, occhio alle imitazioni.

E qui non si parla di capi di abbigliamento e accessori come borse, occhiali e scarpe dei grandi marchi italiani taroccati nel mondo ormai da tanti anni. Qui si parla di cibo, uno dei settori della nostra penisola più plagiati all’estero.

Un giro da affari da fare impallidire: secondo una delle ultime rilevazioni di Coldiretti, a livello mondiale, il cibo “falso italiano” è stimato in circa oltre cento miliardi, con una impennata vertiginosa negli ultimi dieci anni del 70 per cento.

Ecco perché sono partiti da tempo i tentativi che stanno cercando di mettere al riparo l’eccellenza italiana in questa battaglia. Un esempio è la certificazione ITA0039 100% Italian Taste, uno strumento ideato e sviluppato da Asacert, che si occupa appunto di rilasciare certificazioni ufficiali, in accordo con Coldiretti e Filiera agricola italiana, e sostenuto dal ministero dell’Agricoltura.

La procedura è semplice: a seguito della richiesta di un ristoratore che ha la sua attività all’estero, un auditor qualificato si reca personalmente nel ristorante e verifica la conformità ai criteri previsti, ispezionando prodotti, carta dei vini, menù e personale di sala.

Eppure la strada è in salita, come ha spiegato il presidente Federalimentare, Ivano Vacondio, poche settimane fa: “Il fenomeno del plagio all’estero della produzione dei prodotti tipici italiani è un problema serio e va sicuramente affrontato e risolto”. Anche perché il cibo italiano è davvero il più appetibile, noi difendiamo fortemente questo: la nostra risulta essere la seconda cucina a livello globale dopo quella cinese, mostrando una penetrazione più elevata negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Brasile e in India.

Ma negli Stati Uniti, ad esempio, il 90 per cento dei formaggi di tipo italiano sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York.

E se si dà un occhio ai prodotti più falsificati, stando sempre ad una verifica di Coldiretti, vediamo che la classifica vede in testa il parmigiano Reggiano, vittima del cosiddetto Italian Sounding, espressione utilizzata per indicare un fenomeno che fa riferimento all’imitazione di un prodotto.

Tanto per intenderci: il parmigiano made in in Italy addirittura era stato superato pochi anni fa, sempre nel mercato mondiale, dal parmesan, ovvero quel prodotto utilizzato in diversi paesi nel mondo per designare una tipologia di formaggio a pasta dura da grattugia e imitare così quello italiano.

Ma non solo, nella classifica dei più copiati troviamo anche la mozzarella di bufala, il prosecco, il pecorino, il gorgonzola, il prosciutto crudo, l’olio, il vino, la pasta, l’aceto, i pomodori e il salame.

Un ventaglio infinito di leccornie da tutelare, sulle quali potrebbe dare un contributo decisivo l’Unione Europea, grazie alla campagna Stop al cibo anonimo, con raccolta firme, lanciata sempre da Coldiretti, per chiedere l’estensione dell’obbligo delle etichette di origine su tutti gli alimenti.

Un piccolo grande passo verso un cibo di qualità, ovviamente italiano!

Marzia Caserio

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