Quarantamila piante ad alto fusto in quattro ettari di bosco. E poi vigneti allineati e viali alberati disegnati dentro la campagna stessa, che al suo limitare, si apre in laghetti ed alture con cipressi neri toscani. Siamo a Terrazzo, nella campagna della bassa veronese, territorio vocato a coltivazione di frutta e vite. Per la precisione siamo negli appezzamenti della Cantina Le Carezze.
Qui, il suo proprietario, Luigi Marangoni, ci conduce a passeggiare dentro la sua tenuta, per assaporare la bellezza della natura all’intorno e spiegarci, mentre camminiamo nel verde, uno ad uno gli alberi da lui stesso piantati. Il percorso alberato più lungo di tutti – 500 metri lineari – si chiama Viale Monza, forse perché richiama, per ampiezza, l’omonimo viale urbano di Milano.
O forse perché si ispira al circuito di Formula Uno. Chissà. Fatto sta che qui non passano auto; al massimo si incontra un trattore, un mezzo agricolo che si inoltra sui fondi per procedere sghembo fra le zolle. Nient’altro. Il resto è pace e contemplazione. Perché qui è campagna vera ed estesa, invitante. E durante una passeggiata qui, ci sono buone probabilità di vedere il picchio, il martin pescatore, il gufo, la poiana, perfino l’upupa. E incontrare tanti fagiani e oche selvatiche. Birdwatching spontaneo, insomma, e tra le arnie di api.
Tra le chiome che si intrecciano fra loro si scorge in lontananza anche una maestosa metasequoia con un tronco che sembra tornito: una pianta possente, attorniata da bagolari con tronchi poderosi che sembrano tendini tesi di gambe muscolose. E poi gingko biloba dalle foglie a ventaglio e infine, portando lo sguardo in basso, tra la melma acquitrinosa del fosso, ecco le carezze. Le carezze sono un tipo di erba palustre detta carretto, usata per impagliare sedie e legare i covoni di grano. Nell’idioma locale veronese è stata ribattezzata “carezza”.
Le Carezze è anche il nome di questa cantina che produce vini biologici in un’oasi rilassante.Una cantina essenzialmente composta da tre locali: uno dove si svolgono le operazioni di diraspatura, pigiatura e fermentazione; uno climatizzato con le cisterne d’acciaio, e uno ventilato per l’appassimento.
«Produrre biologico non è facile – spiega il titolare Luigi Marangon – poiché siamo consapevoli che qualche annata andrà persa e che il lavoro e il costo saranno sicuramente superiori a quelli prodotti con un sistema convenzionale. Tuttavia procediamo convinti, perché il nostro vino piace, è giudicato fra i 100 più buoni d’Italia e ha vinto anche un premio mondiale importante. Abbiamo in totale cinquantamila viti – continua Luigi – e le ultime 10.000 messe a dimora sono frutto di una selezione di piante resistenti alla Peronospera e allo Oidio con l’obiettivo di evitare anche l’uso di zolfo e rame».
I vini dell’azienda Le Carezze hanno tutti nomi e simboli particolari, immediatamente riconoscibili e facili da memorizzare visivamente. Si parte da Genesi, eloquentemente il primo nato, da uve di Malvasia Istriana, il vino che ha dato l’abbrivio a questa avventura frizzante, ed è naturalmente una bollicina millesimata metodo Charmat dal perlage invitante.
Sempre imbottigliato in una champagnotta c’è Iris, da uve resistenti di Sauvignon Kretos, ottimo per aperitivi e piatti a base di pesce. Iris c’ anche in una versione limited edition etichettata “Federico signature”. Passando ai vini fermi ecco una dea: Diana, una Malvasia Istriana dai sentori di tiglio e mandarino, elegante, fresca e sapida nella sua rotonda mineralità. Un altro bianco superlativo è Jupiter, ottenuto da uve Palava, vitigno i cui acini dolciastri dalla buccia rosata conferiscono nel bicchiere profumi di ananas, banana e pompelmo.
Tra i vini rossi, una rivelazione di questa azienda è senz’altro Urano, Cabernet Volos da tutto pasto, così schietto e genuino che è come avere un amico a tavola. Infine, continuando tra i vini mitici e non solo di nome, Vulcanus 2017 ha vinto il premio “Italy Winner of the Year” alla “Asia International Wine Competition del 2019”: vale a dire che l’Oriente si è innamorato di questo Merlot IGT Verona Millesimato intenso e complesso dai profumi di ciliegia, tamarindo e lamponi, note speziate di pepe e chiodi di garofano che nulla ha da invidiare all’Amarone.
Un vino superlativo che non manca di note terziarie di cuoio, caffè e liquirizia. In ultima analisi, un vino completo, massima espressione top di gamma di questa cantina che per etica è low profile eppure, o proprio per questo, di una statura elevata. E tantissimo apprezzata dagli intenditori.