Si fa presto a dire vendemmia, in un Paese che – come l’Italia – passa dalla Vernaccia all’Amarone, dal Collio alla Barbera, dall’Erbaluce al Nebbiolo: dai vigneti alle pendici delle Alpi fino a quelli adagiati sulle colline del Chianti o nelle Langhe, oppure dagli strapiombi delle Cinque Terre ai terrazzamenti della Valtellina, la raccolta dell’uva è un rituale mai uguale a se stesso.
I tempi della vendemmia
Come è impossibile parlare di una cucina italiana senza scendere nel dettaglio delle singole tradizioni regionali, allo stesso modo da nord a sud la vendemmia ha i suoi tempi, le sue tecniche, migliaia di aneddoti e personaggi da scoprire. Sono infatti già in corso – tra settembre e ottobre – una serie di appuntamenti alla scoperta del territorio, delle sue tradizioni e di alcune delle produzioni enologiche tra le più significative.
Insomma, con buona pace di chi crede che raccogliere l’uva sia tutto sommato un’operazione meccanica, la vendemmia in Italia è varia, complessa e soprattutto lunga.
Il meteo guida le operazioni
Già, lunga. Perché da fine luglio – quando in Sicilia si porta in cantina il primo acino di Pinot grigio – sino ai primi giorni di novembre, quando in Basilicata si raccoglie l’ultimo grappolo di Aglianico, tra tralci può accadere davvero di tutto. Molto dipende dal fattore meteo, con i vignaioli che per settimane scrutano il cielo come antichi sciamani, ma anche dalle vigne in sé, dai tempi di maturazione delle uve e dagli obiettivi da ottenere (le “rese” per ettaro, ad esempio), il che rende ancor più arduo parlare di una sola vendemmia per le oltre 500 varietà di uva coltivate nel nostro Paese.
E poi, oltre che un lavoro in sé, sempre più spesso la raccolta è diventata una leva per il turismo, considerate le bellezze che sorgono a pochi chilometri dalle vigne: è il caso del Castello di Grumello (Bergamo) o della Tenuta Il Borro nell’aretino. Vediamole, allora, le mille vendemmie d’Italia.
La vendemmia d’Italia
Nelle regioni dell’arco alpino spiccano diverse viticolture estreme, dette eroiche perché riuscire a fare un buon vino in quei contestiambientali è davvero un’impresa. È il caso delle colline del Prosecco, candidate come Patrimonio dell’Umanità Unesco, dove la Glera viene coltivata su versanti con pendenze difficili da percorrere con mezzi meccanici.
Oppure il Muller Thurgau, bianco aromatico del Trentino, piantato su terrazzamenti realizzati con massi e ciottoli di porfido, roccia vulcanica che conferisce aromaticità. E che dire della Valtellina, dove nascono rossi potenti come lo Sfurzat, adatti a un lungo invecchiamento, oppure delle Cinque Terre con i loro gradoni e terrazzamenti, patria di un vino come lo Sciacchetrà, dorato e dal profumo di miele?
Particolarmente suggestive da visitare in autunno sono le Langhe, in Piemonte – tra le province di Cuneo e Asti – dove nascono Barolo, Nebbiolo, Barbera e Dolcetto d’Asti: girando in auto non è difficile trovare cantine che consentono di visitare i vigneti e partecipare insieme ai vignaioli alla raccolta e lavorazione delle uve.
Non meno spettacolari sono le vendemmie tra Merano e Rovereto, in Trentino, nonché sui Colli piacentini: qui, terra di Cabernet Souvignon e Chardonnay, alla gita in vigna si può unire la scoperta di località come Ziano, Vigolzone, Ponte dell’Olio, Vernasca e Castell’Arquato.
Nel trevigiano, poi, Valdobbiadene è una delle principali località per la produzione vinicola: terra del prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e del Superiore di Cartizze, durante la vendemmia offre una scusa per organizzare visite a cantine storiche come quella di CarpenéMalvolti, che dal 1868 produce spumanti di qualità. Merita una sosta anche la zona collinare tra Brescia e l’estremità meridionale del Lago d’Iseo, in Lombardia, ossia la Franciacorta, area vinicola dalle antichissime tradizioni e patria dello spumante Docg.
Scendendo lungo la penisola, la vendemmia in Toscana è sinonimo delle colline del Chianti, a cavallo tra le province di Firenze, Siena e Arezzo, con un susseguirsi di alcuni dei borghi più belli d’Italia, da Castellina in Chianti a Monteriggioni. Ma il Granducato è anche terra di viticoltura eroica, con i pendii estremi tra le isole dell’Arcipelago e la Lunigiana: ad esempio, la Doc dei Colli di Luni si produce in un territorio scosceso strappato ai boschi tra le province di La Spezia e Massa, dove da secoli si coltiva il Vermentino. Anche in Umbria, la zona di Montefalco (Perugia) non è solo il centro della produzione del Sagrantino, ma invita a scoprire le mura medievali, la chiesa-museo di San Francesco e le vigne del convento di Santa Chiara.
Nel Sud del Bel Paese
Le peregrinazioni lungo le vendemmie d’Italia portano poi al sud, dove tra vitigni autoctoni e internazionali la varietà non manca: in Sicilia c’è chi inizia a fine luglio raccogliendo la base per gli spumanti (Chardonnay e Grillo) e chi, alle falde dell’Etna o a Venosa in Basilicata, non depone le cesoie fino ai primi giorni di novembre.
Lungo la costiera amalfitana e a Ischia, in Campania, parte della bellezza del paesaggio è data dai terrazzamenti a picco sul mare dove la raccolta avviene solo a mano: per trasportare le uve in cantina, i viticoltori sono costretti a usare monorotaie o trasportare i grappoli a spalla lungo percorsi difficoltosi o per ripidissime gradinate.
Tra novità e realtà consolidate
Da non trascurare ciò che avviene in Calabria che ha goduto complessivamente di una stagione climatica ideale, che tradotto significa uve quasi ovunque sane per i tantissimi vitigni autoctoni come il Magliocco, il Pecorello, il Mantonico e perfino lo Zibibbo, che grazie a giovani produttori sta ritornando nei terrazzamenti di Pizzo e della Costa Viola.
Chi invece capitasse in autunno nella provincia di Trapani potrebbe scoprire che Marsala non è solo zona di produzione dell’omonimo vino liquoroso, ma una splendida meta turistica e sede di un importante parco archeologico. Che dire poi di Pantelleria, che attira ogni anno visitatori da tutto il mondo ma in autunno ha un’atmosfera unica con i vignaioli impegnati sui terrazzamenti nella vendemmia dello Zibibbo, nell’appassimento delle uve al sole e nella sgrappolatura che darà vita al celebre passito locale?
Se negli occhi dei cinefili rimane la scena della pigiatura a suon di musica di Adriano Celentano in un noto film degli anni ’80, sono lontani i tempi in cui la raccolta era generalmente faticosa e veniva seguita dalla schiacciatura con i piedi, ormai rimasta quasi esclusivamente come momento di folklore.
In Italia, al di là dei casi in cui è ancora necessaria la raccolta manuale – sia per motivi ambientali, sia per selezionare i grappoli per vini di qualità superiore come la Gran Selezione del Chianti Classico – molte vendemmie usano infatti metodi meccanici, con macchine vendemmiatrici che velocizzano il lavoro manuale, trainate da un trattore o semoventi. Generalmente funziona così: il grappolo che si stacca dalla pianta viene raccolto prima che tocchi terra, pulito da eventuali impurità e posto su una tramoggia che in seguito viene svuotata in grandi rimorchi.
Esiste poi la pratica delle vendemmie “scalari”, usata a macchia di leopardo in diverse zone d’Italia e che consiste nel raccogliere le uve di una stessa vigna in più momenti, a seconda del grado di maturazione dei singoli grappoli.
Un altro tipo di vendemmia che conta decine di esempi in diverse regioni italiane, da nord a sud, è la “tardiva”: si usa per realizzare vini passiti e consiste nel ritardare il momento della vendemmia per aumentare il tenore zuccherino dell’uva.