Se tre anni fa l’Unesco ha iscritto il famoso vulcano – “per i crateri, le grotte, le colate di lava e per i suoi valori culturali, scientifici e pedagogici” – nella World Heritage List, oggi i siciliani stanno lavorando per valorizzare, anche sul piano pratico, questo straordinario territorio. Come? Utilizzando i suoi patrimoni enogastronomici quale leva economica e driver turistico, attraverso una rete virtuosa tra le imprese, una piattaforma di e-commerce e un Passaporto del Gusto che seleziona le eccellenze e ne certifica la sostenibilità Un paesaggio unico al mondo, con la sagoma maestosa del vulcano che cade a strapiombo sul mare, in mezzo a una natura che ha i colori dell’arcobaleno. Siamo sull’Etna e lo scenario è fatto di sentieri e sorgenti, valli dorate di frumento e grano che digradano nel rosso dei giardini d’arancio, fragole e ciliegi mentre il candore della mandorla si fonde in una varietà di tinte forti: dalle olive ai fichi d’india all’uva di Mazzarrone, nettare degli Dei. Qui, all’ombra di quella che i siciliani chiamano affettuosamente “a Muntagna”, gli uomini, da sempre, sono impegnati a rendere omaggio al lavoro fatto dal creato: nell’arte come nella cultura, nell’artigianato come in cucina. È la Sicilia migliore, quella che custodisce e tramanda il suo rapporto viscerale con la terra, i suoi riti e i suoi talenti. Un giacimento inestimabile di eccellenze, che proprio nell’enogastronomia sembrano aver trovato il fil rouge ideale per esaltare tutte le peculiarità del territorio: dall’arancia rossa al carciofo violetto, dalle conserve di marmellate di agrumi ai formaggi, dal vino cerasuolo di Vittoria al pistacchio di Bronte, dall’olio extravergine di oliva al pane di grani antichi. Eccellenze che diventano leva economica per il territorio, ma anche bussola per un viaggio ideale su quell’Etna assurto a patrimonio Unesco nel 2013, grazie a un’idea di Michele Germanà, presidente dell’Agenzia per il Mediterraneo e responsabile del piano di sviluppo del Gal (Gruppo di Azione Locale) Kalat. È lui il visionario che ha dato il via alla nascita di Valore Sicilia, un progetto che mette assieme agricoltura e turismo, specialità tipiche e zone di provenienza, luoghi e manifatture tradizionali della “Sicilia d’Oriente”, attraverso un portale on line, già punto di riferimento per quanti vogliano scoprire questo angolo di Sicilia e le sue incredibili risorse. Ogni prodotto, una storiaLe aziende raccontate attraverso il portale Valore Sicilia non sono state scelte solo per le loro produzioni, ma perché raccontano anche la storia del territorio nel quale sono nate. È il caso dell’Azienda Agrituristica Valle dei Margi, della famiglia Larocca, impegnata dagli anni ’90 a puntare su uno simboli del territorio: l’arancia. Siamo nel territorio del Calatino, tra la costa ionica e il profilo sempre visibile dell’Etna, tra distese verdi di frutteti e giardini fragranti di zagara, a due passi dal sito archeologico di Occhiolà. «Abbiamo 15 ettari di Giardini d’Agrumi, un tempo protetti da alte mura di pietra, che per noi siciliani sono luoghi sacri, dove si custodiscono i frutti più preziosi della terra – spiega Pietro Larocca – In queste terre anticamente entrava solo il vento, per rinfrescare le fronde, il sole, per maturare i frutti e la pioggia, per far crescere sani i migliori frutti». Negli ultimi 25 anni, Valle dei Margi è cresciuta scegliendo il biologico, innovandosi e diversificandosi: agriturismo, ristorante, centro benessere, bottega, laboratorio, sala convegni, fattoria didattica. Pur restando le arance restano il punto di forza di Valle dei Margi, l’azienda tuttavia punta anche su altre tipicità come limoni, mandarini albicocche e marmellate. Il tutto in una cornice suggestiva di agrumeti coltivati con metodo biologico. Altra realtà protagonista di Valore Sicilia, la Cooperativa del Violetto Ramacchese, uno straordinario carciofo tipico del Catanese, coltivato per migliaia di ettari con una coltura specializzata capace ogni anno, in particolare nel periodo natalizio, di immettere sul mercato svariati milioni di capolini. È stato Giuseppe Cupane, presidente del Gal Kalat Est e amministratore di Op Rossa di Sicilia a costruire la cooperativa del Violetto, mettendo assieme spirito imprenditoriale e associazionismo nel circondario di Ramacca. «Sono più di 20 anni che i Gal ci danno la possibilità di portare avanti iniziative significative e rafforzare, nel settore agroalimentare, l’identità culturale siciliana – spiega Cupane – un esempio è il Centro Servizi sulla filiera del carciofo che offre informazioni e orientamento degli operatori sulle tecniche di marketing e commercializzazione più adeguate al mercato». Il progetto visto da vicinoAbbiamo chiesto al presidente Michele Germanà come si articola il progetto Valore Sicilia. «La strategia è semplice – ci spiega – l’Agenzia per il Mediterraneo ha messo in rete i Gal della Sicilia orientale per rendere più efficace la cooperazione tra i territori. La piattaforma informatica Valore Sicilia è un’interfaccia comunicativa per la promozione e la commercializzazione dell’agroalimentare, predisposta alla navigazione in mobilità e all’integrazione di un servizio e-commerce e QR Code. Le aziende che attualmente hanno costituito la Rete Filiera Sicilia sono state monitorate e ai produttori è stato conferito un Passaporto del Gusto, che certifica non solo qualità, biodiversità e tracciabilità del prodotto, ma anche il profilo sensoriale dello stesso e un attestato di legame con la terra di origine». Ecosistemi in equilibrioSempre nel Catanese, ma a Grammichele, in mezzo alle colline, sorge un’altra azienda-emblema del progetto Valore Sicilia, la Coda di Volpe, che da 50 anni produce arance di qualità tarocco che vengono trasformate in marmellate biologiche con tecniche tradizionali. Il deus ex machina dell’azienda è Orazio Mirabella, professore universitario e agricoltore per passione, dal quale ci facciamo raccontare l’atmosfera magica che si respira nei pomeriggi di primavera a passeggiare tra gli alberi d’arancio, carichi delle ultime produzioni invernali di colore dorato-rossastro: «Mantenere l’agrumeto – dice non senza una punta di amarezza – è considerato per tutta la famiglia un obbligo morale, anche se gli elevati costi di gestione e la mancanza di supporto delle istituzioni all’agricoltura sono scoraggianti. Molti agricoltori hanno abbandonato il loro agrumeto, contribuendo all’impoverimento dell’ambiente. Un settore in grande difficoltà, con un mercato soffocato dall’ingordigia dei commercianti». Mirabella però non si è mai scoraggiato, ed anzi, consapevole che la monocoltura rappresenta un limite alla biodiversità, ha introdotto fra gli aranci altri tipi di alberi, in modo da creare un ambiente favorevole allo sviluppo di insetti antagonisti, che mantengono in equilibrio l’ecosistema, e creato un invaso circondato da piante lacustri, rovi e ulivi selvatici che oltre a essere utile per l’irrigazione, offre rifugio ad una colonia stanziale di gallinelle d’acqua e altri tipi di uccelli. Per saperne di più:www.valoresicilia.net Photo credit:Pippo Anzalone