Immaginate che uno chef vada al museo e decida di impiegare come ingrediente per una sua creazione, uno dei particolari dipinti in un quadro. Questa non è un’idea balzana ma il format di “Uffizi da mangiare”, una serie di brevi filmati che il museo fiorentino ha pubblicato sulla pagina Facebook.
Domenica a pranzo con gli Uffizi
Ogni domenica, a partire dal 17 gennaio, le Gallerie posteranno un video nella quale un noto cuoco o personaggio del mondo enogastronomico sceglierà un’opera dalle collezioni e, ispirandosi agli ingredienti raffigurati, proporrà al pubblico ricette o cucinerà pietanze durante il video. Obiettivo della serie è illustrare e approfondire l’intimo legame che, soprattutto attraverso l’intrigante genere della natura morta, unisce da sempre l’arte della pittura a quella della gastronomia.
Con Uffizi da mangiare sarà dunque possibile vedere Fabio Picchi, patron del Cibrèo di Firenze e celebre volto in tv della cucina toscana, confrontarsi con il “Ragazzo con cesta di pesce” del settecentesco Giacomo Ceruti.
Dario Cecchini, macellaio e ristoratore di Panzano in Chianti, già noto per aver portato in cucina i versi della Divina Commedia dantesca, “servirà” la sua versione della “Dispensa con botte, selvaggina, carni e vasellame” di Jacopo Chimenti detto L’Empoli, pittore fiorentino del Cinquecento.
Anche la chef stellata Valeria Piccini, del ristorante Da Caino, a Montemerano nel grossetano, proporrà una sua ricetta da una “Natura morta” dell’Empoli, mentre Marco Stabile, altro chef stellato di in cucina a Firenze, “sfiderà” in tavola niente di meno che i “Peperoni e uva” di Giorgio De Chirico.
Altre puntate seguiranno, per ingolosire il pubblico virtuale degli Uffizi con un ricco menù raccontato a base di colori e sapori, fino a primavera inoltrata: protagonisti ne saranno, oltre a un nutrito gruppo di chef, opere di Caravaggio, Felice Casorati, Giovanna Garzoni e altri grandi artisti.
«Negli ultimi decenni – spiega Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi – il vincolo tra arte e gastronomia è diventato una vera e propria scienza e materia di una seria indagine storica. Il nostro intento, in questi video, è quello di creare un legame ancora più stretto con le opere del museo, inserendole in un contesto attuale e vitale. Il cibo dipinto e quello cucinato si incontrano così su un piano di verità che stimola l’attenzione dell’osservatore e porta alla ribalta i significati profondi e inaspettati nascosti nelle scene e nelle nature morte create dai pittori».
Il ragazzo con cesta di pesce di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto e Fabio Picchi
La granseola è un crostaceo di colore rosso bruno, un tipo di granchio che vive nei mari italiani, isole comprese. Si trova in un dipinto delle Gallerie degli Uffizi: “Ragazzo con cesta di pesci” di Giacomo Ceruti, un pittore lombardo del ‘700 chiamato Pitocchetto, da “pitocco” (persona priva di mezzi ), per via della gente di umili condizioni che era solito ritrarre nei suoi quadri.
La granseola si mangia con le mani. Ovvero si morde e “si sugge”, come le migliori pietanze al mondo. Tutto il pesce, così come la spigola raffigurata nel dipinto, non vuole troppi condimenti e va accompagnato in maniera semplice.
Allora serve giusto una buona maionese fatta in casa. Fabio Picchi, illustre chef toscano, svela la ricetta di una maionese a regola d’arte.
Ingredienti: 6 tuorli di uova biologiche, 1 nonniente di sale, ½ litro di olio delle colline fiorentine, il succo di un limone, un bicchiere di acqua fredda del Santuario de La Verna.
Procedimento: Con una forchetta sbattere i tuorli d’uovo con un pizzico di sale, alchemizzando in una fusione “fredda” con un filo di olio in alta caduta e pregando Iddio che la magia avvenga. Il tutto dovrebbe portarvi a un liscio e untuoso composto che si accorpa intorno ai rebbi della medesima posata.
Raggiunta questa irrinunciabile condizione, aggiungere, continuando l’operazione, il succo sottratto al GialloVerde agrume e alle sue orientali memorie, che avete precedentemente raccolto in un vaso di serra fiorentina.
Volendo portare a liquida consistenza tutta la maionese, dovrete amalgamare a questo punto l’acqua del Santo, capace di far emozionare Fratelli e Sorelle, Soli e Lune, per costanti e certi e miracoli, come questa maionese adatta alle bianche e delicate carni di un pesce bianco.
Dispensa con botte, selvaggina, carni e vasellame di Jacopo Chimenti detto L’Empoli e Dario Cecchini
Cacciagione e selvaggina erano le nobili pietanze delle mense che Jacopo Chimenti, detto l’Empoli (1551 –1640) era abile nel dipingere e non solo. L’Empoli, nome di una città toscana vicino Firenze, era anche volgarmente chiamato l’Empilo (ovvero ri-empilo in toscano), a causa del vizio di “gola” dell’artista.
Pare infatti che il pittore non vedesse l’ora di portare a termine i suoi dipinti, per poi mangiarli e quindi “ri-empirsi” la pancia senza che ci fosse un domani.
Di qui l’Empilo, proprio per via di quelle carni che diventavano, a lavoro finito, il giusto compenso della sua arte. Le dispense di carni per il loro crudo realismo possono urtare la sensibilità di taluni di noi, ma documentano le tavole delle classi agiate del XVII sec.
Il piatto più famoso a Firenze è la “ciccia” che prende il nome della stessa città. La “bistecca alla fiorentina” appunto è un particolare taglio di carne che non si mangia altrove e il cui tempo di cottura, rigorosamente al sangue, segna i confini del Granducato.
Dario Cecchini, macellaio storico del Chianti e “poeta della bistecca”, racconta il rituale sacro della cottura al grande fuoco.