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Ristoranti in Sicilia, riaperture tra incertezze e voglia di fare

La riapertura dei ristoranti, dopo il lockdown imposto dall’emergenza Covid19, avrà come parole d’ordine distanziamento sociale e igienizzazione. Dimenticheremo, non si sa per quanto, i tavoli sociali nel rispetto delle nuove regole dello stare al ristorante, con tavoli e sedie distribuiti in modo da garantire le distanze imposte, sfruttando giardini e dehors per ampliare il numero dei coperti. Sui tavoli ritroveremmo al posto delle classiche oliere le boccettine di igienizzanti per mani che dovranno essere presenti anche nei bagni, mentre tutto il personale non potrà più far a meno di guanti e mascherine, possibilmente da scegliere in modo da essere in tono con lo stile del locale. Abbiamo fatto un giro in Sicilia per sentire in merito alcuni chef-ristoratori.

Enzo Massimilian Bandi è uno dei componenti dell’associazione ristoratori di Trapani e insieme al fratello, lo chef Nicola, gestisce a Trapani l’Osteria Il Moro, uno di pochi ristoranti gourmet del territorio. “Le idee sono al momento confuse, tante notizie e poche certezze – racconta Bandi –. Non è facile dalle nostre parti perché Trapani vive solo d’estate: contavamo molto sul rilancio dell’aeroporto che per troppo tempo è rimasto chiuso. Quest’anno doveva essere l’anno della svolta, era tutto pronto per il suo rilancio ma adesso tutto slitterà e non si sa a quando. Prevediamo una stagione estiva con piatti rivisitati e meno gourmet, porzioni maggiori e più abbordabili. I clienti più affezionati ci scrivono spesso, cercano di sostenerci e non vedono l’ora di ritornare a sedersi al nostro ristorante. Ci concentreremo di più sulle materie prime locali, sostenendo i piccoli produttori. Niente delivery: sia per me che per altri miei colleghi  è molto complesso, non semplice da gestire”.

Nicola ed Enzo Massimilian Bandi

Menu leggeri e semplici

Come sottolineato da Bandi una delle soluzioni, sposata tra l’altro dalla maggior parte degli chef siciliani, sarà l’alleggerimento dei menu, con meno piatti à la carte, preparazioni semplici e ingredienti del territorio. A Palazzolo Acreide, nel siracusano, 8 mila abitanti circa e una vasta offerta gastronomica con una trentina di locali. È qui che lavora lo chef Andrea Alì, del ristorante Andrea. Anche lui fa parte di un’associazione di ristoratori ossia Vicoli&Sapori, da alcuni anni impegnata nella promozione delle eccellenze territoriali come la salsiccia e il tartufo.

Chef Andrea Alì

“Stiamo cercando di capire ancora come dovremo muoverci nella riorganizzazione dei nostri ristoranti – afferma Andrea Alì – Intanto sto lavorando ai nuovi piatti che andranno ad affiancare quelli classici del mio menu: saranno piatti ancor di più legati alla tradizione, ma dove la mia mano sarà sempre evidente. Da sempre ho lavorato attingendo ai prodotti del mio territorio, ma ora sarà più che mai necessario. Per il delivery direi di no”.

Territorialità e stagionalità

La territorialità sarà un elemento trainante della ristorazione di domani. Come si legge nel Manifesto dell’ospitalità e della tavola pubblicato qualche giorno fa dalla Federazione Italiana Cuochi, “la ristorazione dovrà farsi ambasciatrice della stagionalità e biodiversità dei territori e, facendo riscoprire tradizioni enogastronomiche dimenticate e identità territoriali cariche di suggestioni e memoria”.

Niente turisti, solo clienti locali

Con lo stesso entusiasmo di prima, senza sminuire la propria identità, si avvia a riorganizzarsi anche lo chef stellato Pietro D’Agostino, a Taormina. A La Capinera le distanze sono sempre andate oltre il metro e quindi non ci saranno cambiamenti in sala. Abitando in collina, lo chef sta approfittando di questo periodo per dedicarsi al suo piccolo orto da cui trarre ispirazione per il nuovo menu.

Chef Pietro D’Agostino

“Siamo inondati di messaggi dei nostri clienti che non vedono l’ora di venirci a trovare – ci dice – e di questo ne siamo ben contenti. Ma è chiaro, che quello che ci mancherà è il cliente straniero, il turista. Quanto alle iniziative, stiamo valutando di proporre alla clientela sia menu alla carta che menu/degustazione dedicato, senza snaturare quello che siamo, ma tenendo conto ancora di più dell’andamento del carrello della spesa, continuando a lavorare some sempre con prodotti di stagione. Con l’associazione Charming Italian Chef di cui faccio parte, stiamo pensando di realizzare delle business card acquistabili on line e spendibili in tutto il territorio italiano, come da più 10 anni si fa nell’altra organizzazione di cui faccio parte, JRE.  La criticità maggiore, inutile negarlo, sarà la gestione del personale perché potremmo essere costretti a un ridimensionamento dei coperti nei nostri ristoranti”.

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