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Pomodoro di Pachino IGP, bontà e salute

Nel lontano passato era considerato un prodotto afrodisiaco, poi fu “accusato” di essere nocivo. Oggi è un prodotto di successo con una storia che, seppur nata circa 100 anni fa, lo rende tipico. È il Pomodoro di Pachino IGP prodotto in uno degli angoli di Sicilia più belli, baciato dal sole. Ed è proprio quella radiazione solare costante insieme al terreno e alla salinità delle acque che rendono l’oro rosso di Sicilia buono ma soprattutto eccellente dal punto di vista nutrizionale tanto da essere oggetto di attenzione da parte della comunità scientifica.

A detta del Prof. Fabio Galvano, Ordinario di Alimentazione e Nutrizione Umana presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche dell’Università di Catania, la valorizzazione del Pomodoro di Pachino IGP non può però prescindere dall’identificazione di differenziali di qualità nutrizionale, che conferiscono un valore aggiunto rispetto al prodotto standard. «Dal punto di vista commerciale è un prodotto di successo, grazie alle sue caratteristiche organolettiche, ma se vuole diventare buono per la salute serve un altro step – afferma il Prof. Galvano –. Il differenziale di qualità è ciò che serve per differenziarlo dagli altri pomodori».

Ricco di acqua (94 g), contiene zuccheri (3,5 g), alcuni minerali, poche proteine, vitamine. Ma poca cosa. «L’unico differenziale sta nei caroteni che si trovano bene nelle componenti grasse come le placche aterosclerotiche presenti nel nostro corpo – spiega l’esperto –. Quindi, un antiossidante lipofilo differente dagli altri che sono idrofili. Sembra utile per il sistema cardiovascolare, per il tumore della prostata -continua- ma sono studi epidemiologici, servirebbero studi clinici che costano».

«L’arancia rossa è un esempio di ciò che si dovrebbe fare: è un’IGP anch’essa – prosegue il Prof. Galvano -. Molti anni fa all’Università fu commissionato uno studio. In realtà, fu messo su un network di studi (anche negli Stati Uniti. Circa 33 studi in tutto). Questi studi furono fatti sulle cellule, sugli animali da laboratorio e poi sugli umani. Si dimostrò allora come la pigmentazione rossa delle arance, proprio quelle antocianine, avessero un effetto più positivo rispetto alle bionde. Ecco: stessa cosa si dovrebbe fare per il Pomodoro di Pachino. Serve finanziare la ricerca».

I composti bioattivi

I composti bioattivi presenti nel pomodoro sono notevoli ma altresì importanti quelli ottenuti dagli scarti delle filiere produttive, risorse per lo sviluppo di prodotti funzionali da impiegare in vari settori produttivi, incluso quello della nutraceutica.

Secondo la Prof.ssa Valeria Sorrenti, Associato di Biochimica e Direttore del Dipartimento di Scienze del farmaco e della Salute dell’Università di Catania, «il contenuto di carotenoidi, specie il licopene, dipende dalle temperature: se troppo elevate ne riducono la presenza – dichiara la Prof.ssa Sorrenti –. È presente soprattutto nella parte più esterna del pomodoro ed il suo contenuto è tra i 30-70 mg su kg di prodotto, nei pomodori maturi. Questa molecola bioattiva è rinvenibile nei nostri tessuti soprattutto in quello prostatico. Durante la cottura con olio di oliva si aumenta la conversione dell’isomero trans in cis, più biodisponibile. Ormai è assodata l’associazione di maggior consumo di licopene e riduzione del rischio di tumore alla prostata».

Importanti anche gli scarti, una risorsa da cui ottenere dei prodotti benefici per la salute e che sono alla base della nutraceutica: scarti sono da considerarsi i frutti difettosi, le bucce in cui è presente il doppio di licopene di quello presente nel pomodoro. Il Pomodoro di Pachino è quindi da considerarsi un alimento funzionale e nonostante sia già considerato un’eccellenza sta cercando di intercettare le grandi tendenze del momento, tra sostenibilità del processo produttivo e qualità di pregio del prodotto.

Qualità e sostenibilità

Come afferma il Prof. Cherubino Leonardi, Ordinario di Orticoltura del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, occorre coniugare l’esaltazione della qualità con la sostenibilità del processo. «Il nostro processo deve essere costantemente controllato – sottolinea il Prof. Cherubino – adeguandosi agli scenari che si prospetteranno (dalle virosi all’introduzione di nuove cultivar). E sul tema della qualità, già apprezzata dal consumatore, si dovrebbero premiare le aziende che nell’ambito dell’IGP stanno facendo di meglio».

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