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Napule è… ‘na sartoria!

 L’eleganza napoletana nasce ancora dal veloce movimento del centimetro da sarto che getta le basi di un abito. In silenzio si parte dalle misure, perché il vestito Made in Naples deve essere una seconda pelle. Non è un’immagine da film Anni Trenta, anche oggi i migliori abiti maschili vengono cuciti qui, all’ombra del Vesuvio Altro che pizzaioli! Sono i sartori napoletani gli artigiani campani con le mani più preziose. Un mito che fonda le sue radici nell’Ottecento e che ha dettato uno stile, una vera e propria scuola di pensiero tutt’ora attuale. Tanti i nomi che hanno contribuito alla costruzione di questa storia meravigliosa, tra cui quello di Vincenzo Attolini, il “sarto dei Re”. “Un buon sarto non è altro che un artigiano il quale crea abiti imperfetti per corpi imperfetti”, questa la sua filosofia e il punto di partenza che discosta lo stile napoletano da, ad esempio, quello inglese, ingessato e rigido. A diventare ambasciatori di questo modo “destrutturato” di pensare la giacca, furono Clark Gable, Marcello Mastroianni, Totò e Vittorio De Sica, ma anche Re Vittorio Emanuele III e il Duca di Windsor. Quest’ultimo in particolare, sempre vestito con impeccabili capi creati dai sarti inglesi, durante una passeggiata nella piazzetta di Capri fermò un passante per chiedergli chi avesse confezionato il suo abito. Era di Vincenzo Attolini e lui se ne innamorò a prima vista. Oggi l’azienda Attolini porta il nome del figlio Cesare, affiancato dalla terza generazione rappresentata da Massimiliano e Giuseppe. Con boutique in cinque continenti, Attolini collabora con oltre cento sarti partenopei e realizza all’incirca diecimila capi l’anno.  Resta però l’abito maschile il vero must della sartoria napoletana, quella che nel 1351 diede vita – nella Chiesa di Sant’Eligio al Mercato – alla Confraternita dei Sartori. Ovviamente sono davvero molti i nomi che hanno contribuito a costruire quella che è considerata – a buon diritto – una scuola internazionale, a partire da quelli storici di Alfonso De Nicola e Salvatore Marziello nella prima metà del ’900. Oggi c’è Rubinacci che confeziona meno di mille capi l’anno in ogni bottega. «Ai nostri sarti chiediamo il contrario di quello che si fa di solito, vogliamo che vadano piano, si cuce e si aspetta, si valuta l’effetto che quella stessa cucitura ha avuto sulla stoffa», ci racconta. Da Mariano Rubinacci, in Via Chiaia, ancora è possibile sfogliare l’ordine di Re Umberto II o del Conte Leonetti; tre in negozi in Italia, uno a Londra, uno a Tokyo e uno a New York.  L’arte dell’hinterlandA far diventare il comune di Arzano una delle attuali capitali del lusso è invece Kiton, azienda industriale con alla base i principi della sartoria artigianale. Quasi cinquanta i negozi sparsi in tutto il mondo, da Capri a Miami passando per Milano e Dubai. Si tratta di un grande riferimento anche per la formazione dei giovani talenti con la sua Scuola di Alta Sartoria aperta gratuitamente a 20 ragazzi di talento, tra i 16 ed i 21 anni. D’altra parte da Kiton l’età media dei sarti è inferiore ai 40 anni. A Casalnuovo, invece, Isaia da piccolo laboratorio, negli Anni Venti, è diventato un brand fortunato e impronta industriale negli anni Ottanta. È l’artigianato che ha scelto l’industrializzazione e l’internazionalizzazione, mantenendoci la passione per il lavoro su misura. In Giappone, in Cina e in America, oltre che in Europa, il marchio Isaia rappresenta l’Italia dell’alta moda. A scegliere i suoi capi, tra i tanti volti noti, vi è anche l’attore Matt Damon.    La filosofia del dettaglioImperdibile a Riviera di Chiaia, lo storico showroom di Marinella, azienda specializzata negli accessori che nel 2014 ha compiuto 100 anni. Si viene qui per le sue cravatte d’autore in seta. Ma anche per foulard, borse e gemelli. Don Eugenio Marinella, capostipite del marchio, ha rincorso per tutta la vita l’eleganza maschile, il rigore e il buon gusto. Lo dimostra una sorta di “decalogo” che suggeriva a chiunque volesse ascoltarlo, anche se s’affrettava a dire che “la scelta di una cravatta è un atto irrazionale”. “Ma attenzione a non esagerare, mai il coordinato cravatta e fazzoletto da taschino, è un’inutile quanto anacronistica affettazione. Evitare sempre di avere un aspetto d’insieme troppo curato e lezioso e optare per un’eleganza decontractée”… in poche parole, il segreto dello stile napoletano!   Vestivamo alla Jackie’OIl pret-a-poter è stato a lungo rappresentato anche da alcune località turistiche come Positano, Capri e Ischia. Più pelle e sandali, ma anche vestiti leggeri e facili da portare. Torna subito alla memoria l’immagine della boutique ultracentenaria La Parisienne di Capri, dove nel periodo del Regime si confezionavano abiti da sposa utilizzando la seta dei paracadute. Riferimento per Jacqueline Onassis e Audrey Hepburn, luogo da sogno per tutte le donne che l’hanno vissuta nei suoi anni d’oro.   Scelti per voiDove comprare Cesare AttoliniVia Nazionale delle Puglie, 42Casalnuovo (Na)www.cesareattolini.com Mariano RubinacciVia Filangieri 26Napoli081.415793info@marianorubinacci.com KitonPiazzetta di CapriCapri (Na)www.kiton.it MarinellaRiviera di Chiaia, 287Napoliwww.marinellanapoli.it

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