Scopri i Viaggi del Gusto

Massimo piglia tutto

 “Quello del cuoco è un lavoro duro, ci paragonano alle rockstar, dicono che siamo artisti, in verità siamo artigiani”. Modenese, classe 1962, nel 2002 arriva la prima stella Michelin, nel 2011 la terza, mentre nel 2016 ottiene per la prima volta nella storia i 20/20 per la Guida I Ristoranti de L’Espresso. E ora, dopo aver celebrato il 20o anniversario dell’Osteria Francescana, si aggiudica il premio più ambito dai gotha mondiale della ristorazione. Che responsabilità ha il rappresentante del ristorante migliore al mondo?Prima di tutto essere ambasciatore dell’Italia nel mondo. Viviamo in un Paese che ci permette di fare esperienze gastronomiche straordinarie, spaziando dal mare di Pino Cuttaia, in Sicilia, alle Alpi di Norbert Niederkofler, in Alto Adige. Un giorno un grande modenese disse “sogna e vedrai che il sogno diverrà realtà”. Si chiamava Enzo Ferrari. Dobbiamo partire da noi stessi, sapere chi siamo e cosa facciamo. E poi, viaggiare, viaggiare, aprire gli occhi e la mente incontrando nuove culture. Qual è oggi il ruolo dello chef?La cucina ha un valore culturale e i cuochi hanno il ruolo sociale di migliorare l’atteggiamento della gente verso il cibo, che deve essere più consapevole, e soprattutto volto a ridurre gli sprechi. Come definisci la tua cucina?È tradizione in evoluzione. Territorio e ricordi. È cucina della memoria che guarda al futuro, che raccoglie e pesca da nord a sud dell’Italia i prodotti migliori per rielaborarli e reinterpretarli. È volontà di andare oltre. È emozione, è quello che vivo. È il coraggio di rompere con il passato per costruire il futuro con mente contemporanea. E quali sono i tuoi progetti per il futuro?Tanti, non ci fermiamo. Siamo appena tornati dal Brasile: abbiamo cucinato nella favela di Lapa, a Rio de Janeiro, per le Olimpiadi. Un progetto mutuato dal successo del Refettorio di Expo, nato dall’idea di fare qualcosa con il cibo scartato e di essere utili ai meno fortunati. Non è un progetto di charity, ma culturale, che vuole trasformare una mensa in un luogo pieno di luce, creando momenti di convivialità.

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