Sono fritte, indubbiamente buone, ma pericolosamente tossiche se mangiate in quantità eccessive. Perché? Questione di temperatura e di acrilamide. Vi spieghiamo di cosa si tratta aggiungendo anche qualche trucco per rendere questo contorno sfizioso più sano e meno pericoloso
Louis-Camille Maillard, chimico e medico francese, descrisse per primo nel 1912 una serie di reazioni chimiche destinate a diventare una colonna portante della cucina moderna. Si tratta appunto delle reazioni di Maillard che rivelarono molti segreti relativi alle modificazioni molecolari che intervengono sugli alimenti trattati ad alta temperatura. In particolare si è notato come zuccheri, aminoacidi e sostanze grasse presenti o aggiunte agli alimenti al di sopra dei 120° reagissero formando una serie di composti capaci di stimolare piacevolmente i nostri sensi, i cosiddetti aromi, presenti in gran quantità negli alimenti tostati, arrostiti e fritti, che risultano dunque particolarmente appetibili. In seguito, gli studi sui composti aromatici misero in evidenza che durante le cotture ad alta temperatura l’aminoacido asparagina dà origine a un composto di famigerata tossicità, l’acrilamide, definito da organismi come l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) un “probabile cancerogeno per l’uomo”. Le fonti di acrilamide sono alimenti di consumo quotidiano come patatine fritte, caffè e tutti i farinacei cotti ad alta temperatura (pane, crakers, biscotti…), che però ne contengono quantitativi molto differenti a seconda della temperatura di cottura: se vicina ai 120° porta alla formazione di pochi composti tossici, che aumentano però quando la temperatura cresce fino circa ai 190°.
Il caffè tostato e utilizzato per l’espresso, per esempio, sembra contenere solo 400 mcg per chilo e per superare la soglia di 35 mcg, da alcuni considerata sicura, si dovrebbero consumare alcune decine di tazzine al giorno; diverso il discorso per le patatine fritte: uno studio francese indica che un bambino di 20 kg che ne mangia un sacchetto da un kg assume una quantità di acrilammide 83 volte superiore alla dose giornaliera consigliata dall’Oms. Le varie patatine in commercio hanno valori di acrilammide, che variano da 5 microgrammi/kg a 3.500 microgrammi/kg, mentre quelle fatte in casa possono presentarne fino a 12.000 microgrammi/kg!
Dunque, cosa possiamo fare per goderci un bel piatto di french fries senza pericolo? Iniziamo a conservare le patate al buio ma mai a basse temperature, perché il freddo le rende più dolci dunque più ricche di zuccheri liberi in grado di reagire con l’asparagina; per lo stesso motivo è da evitare anche la germinazione dei tuberi: con questo processo infatti la patata riattiva il proprio metabolismo e si arricchisce di zuccheri semplici. In conclusione però possiamo dire che buona norma è limitare il consumo di cibi cotti ad alta temperatura, fermarsi alla doratura evitando la brunitura o la carbonizzazione, scegliere lipidi con alto punto di fumo, consumare cibi preparati con cotture delicate e rispettose delle caratteristiche organolettiche della materia prima.