Una pausa dalla routine, un incontro tra amici, un appuntamento di lavoro, sono tanti i momenti che una tazzina di caffè scandisce durante la giornata. C’è chi proprio non riesce ad ingranare la mattina se non ha sorseggiato il suo caffè, e chi dopo pranzo non si alza da tavola senza l’aroma e il gusto che lascia in bocca il caffè. Se l’acqua è la bevanda più diffusa al mondo il caffè la segue a ruota e si beve in tutto il mondo, una stima parla di 1,6 miliardi di tazze di caffè bevute al giorno ed è la merce più scambiata al mondo dopo i prodotti petroliferi.
E allora iniziamo a conoscere il caffè partendo dalla sua storia, dal perché viene chiamato così. Importato dagli arabi dall’Africa, che dai chicchi di caffè traevano una bevanda eccitante, i turchi lo chiamavano kahve tradotto poi in italiano caffè. Una seconda versione lo fa derivare da Caffa, regione dell’Etiopia dove cresce spontaneamente. Diffusosi grazie ai mercanti veneziani nel XVII secolo con il nome di “vino d’Arabia”, dalla Chiesa venne definito come “bevanda del diavolo”. Nel 1570 il medico-botanico padovano Prospero Alpino ne portò alcuni sacchi dall’Oriente e nel 1683 in Piazza San Marco a Venezia, fu aperta la prima “bottega del caffè” e nel 1720 il Caffè Florian, il primo “caffè” d’Italia.
Ai giorni nostri le specie di caffè coltivate sono tre: Coffea arabica, Coffea canephora e Coffea liberica che differiscono per gusto, contenuto di caffeina, adattabilità al clima e al terreno.
Anche se per noi italiani come abbiamo già detto è una routine immancabile durante la giornata, non siamo il popolo che ne consuma di più, il primato spetta ai finlandesi con un consumo pro capite di 12 kg l’anno, l’Italia è al dodicesimo posto della classifica, con 5,9 kg di caffè pro-capite.
Ma lo sapevate che …
Berne in una quantità eccessiva, tra le 80 e le 100 tazze in 4 ore, può uccidere, si tratta infatti di una vera e propria overdose da caffeina. E a proposito di quest’ultima non è il solo ingrediente del caffè, ci sono almeno 1.000 composti chimici alcuni dei quali potrebbero essere usati in futuro per curare malattie cardiache e l’insonnia. Eppure a molti il caffè assunto nel tardo pomeriggio non fa prendere sonno… Alcuni studi riferirebbero che è una sorta di medicina contro cancro al seno e alla prostata, e per altri è un fantastico “antidepressivo”.
Il Brasile è il più grande produttore di caffè al mondo, seguito dal Vietnam, Colombia e Indonesia. Il fatto che alcuni caffè siano più “forti” di altri dipende in parte dalla miscela e in parte dalla tostatura: ad esempio la specie robusta può avere il doppio di caffeina dell’arabica, che è più pregiata, ma meno “forte”.
Sfatiamo un altro mito, il caffè decaffeinato non lo è del tutto. In natura esiste un’unica variante la Coffea charrieriana, originaria del Camerun, il resto del caffè viene decaffeinato in modo artificiale. In una tazzina di decaffeinato ci sarebbe l’equivalente di un quinto o un decimo di caffeina contenuta in una tazzina di espresso normale.
Alcuni utilizzi … secondari
I grani del caffè posso essere lasciati all’interno della moka se non la usate spesso, questo servirà a mantenere l’aroma. Ma lo sapete che potete farvi uno scrub al caffè per avere una pelle liscia, elastica e compatta? Grazie alle sue proprietà ricche di antiossidanti, vitamina B3 e acido clorogenico (CGA) aiuta ad aumentare la produzione di collagene e regala un effetto luminoso. Basta una tazza di fondi di caffè, 6 cucchiai di olio di cocco o olio d’oliva, 3 cucchiai di zucchero di canna e il gioco e fatto!
Proprio perché del caffè vogliamo usare tutto, con i fondi possiamo fare dei sacchettini assorbiodori o metterne una ciottola in frigo con lo stesso obiettivo, o strofinarseli sulla mani per togliere l’odore intenso dopo aver tagliato l’aglio o le cipolle. Sempre con i fondi di caffè e del bicarbonato di sodio, si può preparare un detergente abrasivo ecosostenibile per la pulizia di pentole e padelle o per lo sporco di forni e fornelli, o con i soli fondi eliminare gli aloni di calcare e lucidare la cristalleria. Per cancellare i segni e i graffi sulle superfici in legno, provate a mischiare i fondi con dell’acqua tiepida fino a creare una miscela densa da passare sul graffio con un batuffolo di cotone o un pennellino e poi pulire con uno straccio di cotone. E se i fondi di caffè non si devono usare con materiali porosi poiché lasciano macchie marroni, sono invece degli ottimi fertilizzanti naturali per le piante e per allontanare le lumache dall’orto.
Saicaf dal 1932
La storia di Saicaf (Società Anonima Industria Caffè) inizia nel 1932 a Bari, dapprima con la gestione di un bar e poi con la produzione del caffè. Con gli anni, Saicaf diffonde ed espande il suo brand ma continua a mantenere l’equilibrio tra un approccio artigianale alle materie prime e una spinta costante verso l’innovazione, per creare processi di produzione industriale che tutelino il prodotto, lo valorizzino, e garantiscano al consumatore di poter trovare una qualità costante, un’eccellenza immediatamente riconoscibile. Ogni miscela va calibrata anche in base alla destinazione della miscela, che si usi la moka, l’espresso, le cialde o le capsule. Ogni miscela è frutto di studio e ricerca che contiene un “ingrediente principe”, ovvero una particolare varietà scelta per donare personalità alla bevanda più amata.
«Noi gustiamo il caffè in tazzina in 30 secondi – dice Leonardo Lorusso AD Saicaf – ma è un viaggio lungo dalla terre di provenienza che dura fino alla torrefazione. Abbiamo a cuore l’origine della materia prima e tramandiamo le miscele nel tempo, con una devozione artigianale al prodotto. Le nostre materie prime arrivano Centro e Sud America e Asia, con pochi giorni di conservazione dalla tostatura quindi si ha un prodotto “fresco”».
«Il segreto – gli fa eco l’ing. Enrico Esposito Vingiani – è quello di conferire un gusto semplice ed uguale, che dà lo stesso ricordo al palato. Il caffè è buono per l’unicità del suo carattere». Da Saicaf lanciano poi una sfida per la torrefazione italiana, attirare i giovani proponendo una miscela da bere sempre nella sua versione naturale.
photo ©archivio Saicaf