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Italia – Francia: “europei” di bollicine

Non si tratta di una vera e propria sfida, più di un’amichevole, soprattutto per gli wine lover che vogliono semplicemente godersi il loro calice d’estate, nel modo giusto, al giusto prezzo. Magari scoprendo le ultime tendenze in fatto di spumanti e champagne, come quella dei cocktail che rinfrescano la tradizione…  e fanno rabbrividire i puristi!  Ogni estate il mondo delle bollicine mette di fronte i due versanti delle Alpi nell’infinito confronto tra champagne e spumanti, tra la tradizione francese inaugurata nel Settecento dal monaco Dom Pierre Pérignon e quella italiana che ha nel trentino Giulio Ferrari uno degli uomini più rappresentativi. E nonostante le mode portino ogni anno qualche innovazione anche in questo settore, ci sono regole imprescindibili che è necessario conoscere per non sfigurare stappando una bottiglia di bollicine, italiane o francesi che siano, magari durante una cena in riva al mare. Regole sempre valide…Il primo elemento da tenere presente riguarda la temperatura di servizio, perché in estate basta un attimo per farla aumentare oltre il dovuto. «Invece dei canonici 6°-8° previsti – spiega il sommelier toscano Andrea Gori – le bollicine andrebbero servite intorno ai 4°, ossia la temperatura più bassa raggiungibile con un normale frigorifero da bar». E il bicchiere? Pensate che il più adatto sia la flute? Non è del tutto sbagliato, ma si può fare di meglio. «Ormai per tutte le bollicine – continua Gori – si usano bicchieri più ampi e capaci di esaltare i ricchi profumi delle migliori etichette». Un grave errore da evitare invece è quello di chiamare “champagne” qualsiasi cosa abbia le bollicine, e ciò vale anche per l’italiano “prosecco” usato a sproposito. «Capita di assistere a nefandezze – racconta Gori, Ambassadeur du Champagne per l’Italia 2011 – come clienti che chiedono “mi porti un prosecco di Franciacorta” e simili. Un altro errore comune è la tendenza, mai sopita, di servire bollicine brut sui dessert, spesso alla frutta. Con tanti grandi spumanti dolci che abbiamo (basti pensare al Moscato d’Asti) pare davvero un delitto soprattutto perché il risultato al palato è un abbinamento metallico e stridente».  … e limiti da superareIn realtà, come è emerso anche nel corso della serata Bollicine che si è tenuta lo scorso xxxxx alla villa medicea di Artimino, in Toscana, l’estate 2016 riserva un posto d’onore alle bollicine rosé – non solo per momenti romantici, visto che gli appassionati ne colgono le tante sfumature e piacevolezze in termini di abbinamento coi piatti –, mentre dalla Francia arriva la tendenza dei cocktail a base di frutta e Champagne. La base di partenza sono nuove cuvée appositamente realizzate per dare il meglio servite col ghiaccio nel bicchiere (quindi più Pinot nero, più morbidezza e dosaggio più elevato) e servite con frutta o verdura nel bicchiere. Ad esempio, Veuve Clicquot con il suo Rich invita a provarlo con peperoni tagliati a listelle oppure con la scorza del pompelmo o ancora con i cetrioli a fette. Anche Lanson propone un white label da servirsi con ghiaccio e a scelta con foglie di menta, fragole, ginger, scorza d’arancio. Stesso mood per Moet et Chandon che qualche anno fa ha lanciato il Moet Ice da servirsi con ghiaccio ed elementi aromatizzanti. Venendo all’Italia, abbiamo esempi simili in Oltrepò Pavese e, di recente, il bel successo del Crudoo Velato di Giorgi che invita a servirlo con lo zenzero. «Per i puristi ci sono vari motivi di scandalo – chiosa Andrea Gori – ma in questo caso la piacevolezza delle proposte fa si che si possa soprassedere alla seriosità del servizio di queste bollicine».   Mi costi… ma quanto mi costi?Sempre più importante saper leggere l’etichetta: «La parola “champagne” in sé – spiega la sommelier Chiara Giovoni, Ambassadeur du Champagne per l’Italia 2012 e autrice di Bollicineterapia (ed. Salani) – è piuttosto generica, e comprende ciò che si trova sotto Natale a 18 euro fino al rarissimo Clos D’Ambonnay che arriva a diverse migliaia di euro alla bottiglia. I piccoli vignerons sconosciuti costano meno, ma c’è il rischio che da un anno all’altro la qualità del prodotto cambi. I grandi brand invece costano ma sono più costanti nel tempo. Occhio poi a diciture come Premier Cru o Grand Cru: significa che quelle uve possono costare fino a 6 euro al chilo! A parità di budget, è sempre meglio comprare un buon prodotto italiano che un mediocre francese. Il range corretto di prezzo allo scaffale vede il Prosecco dai 9 ai 25 euro, i Franciacorta dai 14 ai 40, i TrentoDoc e l’Oltrepò pavese dai 17 ai 30. Sullo champagne – conclude – nulla sotto i 28 euro, anche perché rispetto agli italiani sono prodotti diversi e i trecento anni di storia francese si fanno sentire».

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