Il capoluogo di provincia è la città più vitata d’Italia e il 98% dei vini prodotti vantano una denominazione di origine. I bianchi fanno la parte del leone (il 64% sul totale) e sono assai apprezzati quando accompagnano i cibi locali. A Bolzano e all’Alto Adige forse non si pensa come località dove praticare turismo legato al vino, ma i dati e le proposte messe in campo dal Consorzio Vini Alto Adige sono lì a smentire questo pregiudizio.
I vini dell’Alto Adige
Considerati infatti vini non proprio da gourmet sino agli anni Settanta, il decennio successivo marca un profondo rilancio della viticoltura altoatesina e grazie al coraggio di avere con forza reclamato la menzione vigna, riservata ai vigneti storici, la denominazione di origine è divenuta dal 2014 ancora più significativa. Attualmente le vigne sono 40, che si identificano per omogenea età delle viti, sistema di allevamento e separata vinificazione. Come accade per Gschleier, il vino da uva Schiava della Cantina Girlan (girlan.it) ottenuto da piante centenarie cresciute con il sistema a pergola.

Vestita con l’etichetta dell’illustratore Paul Flora, l’annata 2020, profumata di rosa e croccante al palato si riconosce per le sfumature granato su tessuto rubino. Più speziato e dai tannini vellutati il millesimo 2011, tuttora vibrante e intenso, terroso quasi. Vogliono entrambi i canederli in brodo allo speck. Se incalza l’estate: un vitello tonnato secondo tradizione piemontese. Perché i vini altoatesini possono accompagnare i cibi regionali dell’Italia intera.
Oltre il 70% del vino provinciale è ottenuto all’interno di società cooperative. Da una di loro, quella di Merano (kellereimeran.it), ecco uno dei più sapidi spumanti metodo classico provati, il 36 Alto Adige DOC. Trentasei come i mesi passati sui lieviti, che fanno brillare questa unione di Chardonnay (80%) e Pinot Nero con nuances pastello e solidago, pronto a concedersi al naso per mezzo di sprizzi agrumati e di iodio. Il salmerino della Valle Passiria, grigliato e scortato da carote e zucchine sbollentate, è il miglior modo per provarlo.

Un’altra tappa per conoscere la realtà vinicola bolzanina può essere la cantina St. Paul nella località San Paolo di Appiano sulla Strada del Vino (stpauls.wine). Appena fuori il centro abitato, un bunker della seconda guerra mondiale è stato trasformato in ideale magazzino per l’affinamento delle due etichette di metodo classico. La sottile venatura muschiata che il Pas dosé Praeclarus, millesimo 2014, sollecita al naso anticipa l’ingresso in bocca di un vino dove salvia e timo si fanno in quattro per prevalere su frutte bianche e gialle. La piacevole nota citrina finale invita a non fermarsi al primo bicchiere, specie di fronte a merende con salumi e caci locali poco stagionati.
Un ideale abbinamento con la pizza tradizionale (Margherita, Marinara o Napoletana), priva quindi di quelle storture modaiole che decretano de facto il decesso della pizza, avviene invece con il Pinot Bianco Plötzner che stuzzica l’olfatto con la sua potente presenza di ginestra e il gusto indefinitamente amaricante. Chi si trova a San Paolo fino al 31 luglio può godersi serate di degustazione con i vini locali (eppan.com).
Le realtà vinicole altoatesine private sono composte perlopiù di piccole realtà. La famiglia Rottensteiner in località Mazzon a Egna (dove è possibile denominare con il cru Mazzon) mette sul mercato 40mila bottiglie e il giovane Johann ha ricevuto da qualche anno il testimone per continuare l’attività del maso (brunnenhof-mazzon.it). Di poche parole lascia parlare Eva, un Incrocio Manzoni dalla (giusta) sostenuta alcolicità che spiazza tutti per il corpo rotondo e sinuoso che accompagna il già ricco bouquet di frutta. Tagliato su misura per polenta con le schie (i piccoli gamberetti dai fondali veneti), canocchie, scampi e tutti i piatti dove questi crostacei sono presenti.

Un capitolo a parte meriterebbe la Cantina di Alois Lageder, antesignano della agricoltura biodinamica, con particolare attenzione al vino (aloislageder.eu). Biodiversità in campo e in vigna, rispetto per la natura: in cantina fermentazioni spontanee con lieviti presenti nell’aria. Nel bistrot di Magrè sulla Strada del Vino prenotando l’esperienza Wein und Kulinarik ci si accomoda per provare tre portate e sei vini, dopo una passeggiata nell’orto. Da provare il Krafuss da uve Pinot nero (i chiodi di garofano emergono tra le spezie al naso) e il Casòn (Viognier e Petit Manseng): curioso, ma entrambi ideali per il coniglio alla ligure.
Foto in evidenzaBassa Atesina ©Florian Andergassen