L’opinione di considerare l’Alto Adige come regione di sport invernali è superata da tempo: da maggio a ottobre va in onda la lunga stagione delle passeggiate all’aria aperta o in biciclette da montagna.
La fitta rete di sentieri segnalati e ben tenuti si completa con gli innumerevoli impianti di risalita che si integrano alla perfezione con alberghi, appartamenti e residenze private di livello spesso ignoto al resto della penisola. Per non parlare di trattorie, ristoranti e persino malghe che hanno saputo valorizzare al meglio i notevoli giacimenti gastronomici che la provincia autonoma di Bolzano sa offrire.
Una delle aree meno conosciute è la Val di Vizze, che ha puntato tutto su relax, tradizioni e lentezza nel segno di una natura strepitosa. Così nel tempo è diventata un’icona della montagna per intenditori, per chi predilige un’atmosfera d’altri tempi senza rinunciare alle comodità per le quali l’Alto Adige è universalmente apprezzato. Le 217 aziende agricole attive sono il biglietto da visita dell’impronta naturale della valle. Bernard Auckenthaler e Josef Holzer ne sono l’esempio. Hanno fondato i Giardini Aromatici Wipptal a Prati, all’imbocco della valle «per contare su un clima mite, che permette la crescita di erbe aromatiche, seppure in serra. Di frequente le piante si riproducono per talea, talvolta partiamo dal seme che otteniamo in loco».
Un giardino odoroso e colorato dove si incontrano piante comuni come le 11 varietà di basilico e una decina di varietà di menta. «Ma alleviamo anche piante esotiche: dal pipicha del continente americano a un plectranthus australiano», spiega Bernard. Tisane e liquori vanno a ruba nello spaccio rivestito in legno. Ampia e coltivata, superato Prati la valle si stringe e dopo il borgo di Avenes la strada si impenna per la gioia dei ciclisti più preparati. Attraverso i boschi si raggiunge invece lago di Val di Vizze in un’ora, una zona paludosa dove ontani, salici e betulle affrescano il panorama con giunchi e calte palustri.
Mario Sartori, lo storico locale, conferma che la valle era chiamata “la grande pozza” e tale rimane durante il disgelo fino a metà primavera prima del borgo di San Giacomo. Il villaggio di Grube (pozza, in italiano), un pugno di case a mezza costa, prende il nome da questo fenomeno. È qui che si lascia il fondovalle e ci si dirige verso maso Jörgnerhof, di fine Settecento, alto sulla conca.
Alexander Guadagninie Varena Angerer allevano bovini e suini all’aperto (carnerie.com). Per realizzare il loro sogno hanno organizzato una raccolta fondi e Varena è diventata una sommelier di carne. «Nel laboratorio trasformiamo le carni al giusto punto di età e consistenza in salumi tradizionali e vendiamo carne fresca sottovuoto», spiega Varena davanti a uno Speck contadino (Bauernspeck) dalla marcata marezzatura e dal sapore intenso. Perfetto l’abbinamento con lo Schüttelbrot (pane croccante di farina di segale) del vicino panificio Volgger.
Chi cerca appagamento per gli occhi deve invece scalare i tornanti della strada forestale verso il Passo delle Chiavi (Schlüsseljoch) partendo da Saletto tra i fischi delle marmotte e sassifraghe. Un luogo speciale che raggiunge anche chi pratica mountain bike e bicicletta elettrica. Da Sasso (Stein) l’escursione a Passo Vizze non è solo un viaggio verso la frontiera, ma nella storia. A 2.276 metri Casa Pfitscherjoch è il più antico rifugio privato dell’Alto Adige, costruito nel 1888 e perfetto per essere punto di partenza per chi osa sfidare i Tremila della zona.