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Il piatto perfetto

 “Credo nella succulenza, nella cultura delle salse madri, nel profumo di buono che  sta alla base della cucina italiana”.Si siede con noi, a capotavola, lo chef Renato Rizzardi, rilassato e serafico, quasi il lavoro in cucina fosse finito e non da cominciare. Si trattiene e ci intrattiene per alcuni minuti, il tempo di introdurci ai piatti che  preparerà, elencati in un foglio A4 con il solo titolo emozionale. Poi spiega: “L‘ermetica definizione assegnata ne riassume l’essenza,  come  amano fare gli chef. Personalmente mi definisco un cuoco e mi piace  dichiarare ingredienti e rivelarne modalità di esecuzione”. Per questo ad ogni portata, dietro al maitre in sala arriva anche lui, a presentarle.   ARMONIA E ATTENZIONE Il menu degustazione al ristorante La Locanda di Piero di Montecchio Precalcino è un regalo da farsi, se non altro per la piacevolezza di stare in un ambiente dove equilibrio, armonia e attenzione all’ospite sono un trinomio indissolubile. In tavola, di default, arriva un assortimento di pane e grissini caldi, appena sfornati; le bollicine di introduzione sono lì davanti, in tutto il loro perlage, alla giusta temperatura, non distanti in una glacette. Il cameriere si accorge anche del tovagliolo che dalle ginocchia scivola fin sotto il tavolo, e puntualmente lo raccoglie sostituendolo con un altro che porge con  un paio di eleganti pinze. Gesti molto apprezzati, che fanno la differenza. Come il servizio di bicchieri in cristallo inciso (deliziosi quelli per il rosolio!) ricordo di famiglia del Sommelier Sergio Olivetti.Poi quando cominciano ad arrivare i piatti, si diffonde nell’aria una fragranza invitante. Il percorso da 6 portate Menu Serendipità (a sorpresa dello chef) costa 70 euro; il Menu La Terra (a base di carne) 60 euro; il Menu L’acqua (a base di pesce) ugualmente 60 euro. Poi ci sono primi e secondi piatti alla carta, come pure piatti vegani e selezione di formaggi italiani Il senso di accoglienza si esplicita anche nel servizio “Tappo”, per quanti desiderassero portarsi il vino da casa e per la traquillità degli ospiti, nel locale c’è a disposizione anche un apparecchio professionale per la misurazione del tasso alcolico prima di mettersi alla guida. …E LE STELLE STANNO A GUARDARE Renato Rizzardi è un uomo appassionato e capace, che si ascolta volentieri perché dosa le parole da dire come il filo dell’olio nella bastardella per  ottenere l’emulsione giusta. Già nel 1998 gli fu assegnata la prima Stella Michelin, poi però persa nel 2007. Nel 2010 riuscì a riconquistarla, ma nel 2016 gli è stata tolta nuovamente. E con grande umiltà e autocritica ammissione dichiara: “Non ho mai pensato che fosse colpa degli ispettori della Michelin. Ero io che avevo sbagliato, non avevo riposto la giusta attenzione alla mia cucina”.Una cucina che, tuttavia, è superlativa sotto tutti i punti di vista, con un equilibrio di sapori che è la risultante di  uno studio approfondito (lo stesso Renato dichiara di avere fatto “un’indigestione di libri”) e di una costante dedizione agli ingredienti e alla cottura. C’è esperienza  e intuizione dietro a tutto questo: soprattutto c’è voglia di fare e creatività, proprio quella creatività che ha parabole ascendenti e discendenti, come la bacchetta del direttore d’orchestra, le pennellate dell’artista, l’estro che distingue il genio dall’accademico, espressione di un’indole vulcanica, esattamente come quella che anima  Renato Rizzardi. Le sue sono preparazioni che rimangono impresse nella memoria sensoriale, non virtuosismi e basta. C’è sostanza, insomma, nel cibo che prepara; c’è distinzione di sapori al palato, consistenza ad ogni forchettata; c’è il piacere di rinnovare il piacere ad ogni deglutizione, perché il vizio di gola si definisce tale in quanto è lì, in gola e segnatamente nell’atto di mandare giù, che si materializza l’apoteosi del gusto, di cui la sola masticazione ne è esente. LA RICERCA DELLA PERFEZIONE In un libello autobiografico di una cinquantina di pagine che si intitola Moto perpetuo, Renato Rizzardi ha riassunto vita e pensiero propri: dagli esordi a Vicenza nel 1973, alla scuola alberghiera Pellegrino Artusi di Recoaro Terme (Vicenza), fino ai primi passi mossi al ristorante La Bulesca di Padova, continuati al  ristorante San Domenico di Imola, per arrivare ai  riconoscimenti internazionali del ristorante Donatello di San Francisco nel 1985 e al rientro dall’esperienza in California la ripresa dietro ai fornelli in Italia  al ristorante Antico Brolo di Padova per infine stabilirsi al ristorante di proprietà La Locanda di Piero di Montecchio Precalcino (Vicenza).E’ interessante, leggendo questa plaquette, come  uno chef di talento del suo calibro – che peraltro rifugge con garbo questa accezione francese – sia assillato da una domanda ricorrente, tanto da volerla imprimere in quarta di copertina, sotto alla foto in bianco e nero di lui e del compagno di vita e di sodalizio professionale, Sergio. “Esiste un piatto perfetto? E se esiste, com’è possibile crearlo?“.Beh, lui ne è molto vicino.   

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