Il concetto è abbastanza semplice. Se Maometto non va alla montagna, è la montagna a muoversi, trainata però dalle ruote del Food Delivery, le consegne di cibo a domicilio. E nonostante questo sia un fenomeno ormai datato, oggi il Food Delivery sta registrando un’impennata con crescenti percentuali di sviluppo a causa del prolungato perdurare della pandemia da Covid-19.
La spinta al business delle consegne a domicilio
A dare man forte al business delle consegne a casa, l’ultimo Dpcm ministeriale (entrato in vigore il 26 ottobre scorso) con il quale si impongono limiti di esercizio a tutte le attività di ristorazione entro le ore 18.00. Il Food Delivery diventa così non solo fenomeno di moda, ma una sorta di ancora di salvezza; una palestra di sopravvivenza, con aperture culturali e sperimentazioni, dove i ristoratori fanno i conti con un mondo in grande evoluzione.
I leader di mercato
A popolare il mercato delle consegne a domicilio, dei veri e propri giganti dell’economia delivery; nomi come UberEats, Glovo, Just Eat, Deliveroo si muovono in maniera disinvolta, specie nelle grandi città italiane, destreggiandosi fra nuove partnership e servizi al consumatore.
Lo scenario londinese
Guardando Oltreconfine, precisamente a Londra, c’è la sede di Just Eat, che ormai da diversi anni (2016) sta sperimentando l’uso di piccoli robot per le consegne a domicilio limitate a piccoli raggi d’azione. Gli fa eco la catena Domino’s Pizza – così come spiegato dal Sole24ore in un suo articolo – «dopo aver provato le consegne via drone è convinta che il futuro della consegna a domicilio della pizza sia Dom, ovvero Dru Domino’s Robotic Unit, un veicolo a 4 ruote con scomparti costruiti per mantenere calde le vivande e fresche le bevande, mentre viaggia sul marciapiede a una velocità sicura dal negozio alla porta del cliente».
Cosa succede negli Stati Uniti
Amazon, il re indiscusso delle consegne alla porta, ha recentemente inaugurato a New York il primo store Whole Foods tutto online in risposta alle richieste sempre crescenti dell’e-commerce. La notizia è dello scorso settembre, quando nei pressi del lungomare di Brooklyn, il Signor Bezos ha aperto quello che dall’esterno sembra un tipico store Whole Foods Market (negozio fisico) esclusivamente dedicato all’e-commerce di generi alimentari e un grosso forbidden alla vendita al dettaglio. Inoltre, lavorando in prospettiva, ha già ottenuto il via libera dalla Federal Aviation Agency (Faa) statunitense alla licenza per gestire una flotta di droni autonomi puntando a dei tempi di consegna irrisori.
Non solo Food Delivery
In clima di novità, Glovo punta all’implementazione dell’offerta inaugurando così il primo Centro di cottura in cui preparare menu per tutti gli esercizi pubblici con l’opzione della personalizzazione. L’azienda fondata nel 2015 da Sacha Michaud, Oscar Pierre dopo aver fatto esperienza in Spagna e in sud America, sbarca a Milano per inaugurare la sua prima cucina italiana offrendo servizi sia ai partner (gli esercizi pubblici appunto), che agli utenti finali (i consumatori).
La cucina diventa condivisa
Si chiama Kuiri – dall’esperanto cucinare – ed arriva nel capoluogo lombardo per diffondere un nuovo format legato al settore della ristorazione. L’idea è di Paolo Colapietro – esperto manager di enogastronomia – cha lancia per la prima volta in Italia un progetto di consulenza completa rivolto ai ristoratori. Alla base, l’idea di cucina condivisa – Cloud Kitchen – da affittare per far partire il proprio progetto di ristorazione a domicilio senza sostenere grosse spese strutturali e gestionali di avvio attività.
Cosa c’è dentro Kuiri
Il progetto prevede laboratori capienti e attrezzati situati nelle zone più strategiche della città che possono essere affittati per avviare uno o più brand di ristorazione delivery. Oltre a spazi funzionali, anche la presenza di una serie di servizi accessori, compresa l’assistenza e formazione per l’uso del software gestionale, servizio di pulizia e sorveglianza dei locali accessibili 24h/24 in modo da regalare ai ristoratori la sola dolce preoccupazione di cucinare.
Palatò sceglie il dark
E quando invece l’essenza della cucina è dark, ovvero una cucina senza ristorante chiaramente riconducibile ad un nome o ad un brand allora l’esempio più lampante è quello di Palatò Milano. Una food delivery all’avanguardia capace di incrociare amabilmente il concetto di cucina gourmet sostenibile con soluzioni tecnologiche innovative.
Alle spalle della start-up milanese, un team di imprenditori guidati dal Ceo Omar Campise e lo chef stellato Marc Farellacci che in tempi non sospetti hanno disegnato insieme le linee guida di una cucina d’asporto innovativa.
Il must della cucina sottovuoto
Il gusto dei piatti di Palatò Milano è quello caldamente mediterraneo, ricco dei tanti sapori e colori fortemente impressi nella memoria gustativa di Marc vissuto fra Provenza e Corsica. Le tecniche di preparazione e conservazione dei piatti sono invece orientate alla massima efficienza e prestazione mediante l’adozione di tecnologie digitali. In cucina il must è la cottura sottovuoto che permette di assemblare gli ingredienti a crudo, appositamente conditi, e cotti lentamente, a bassa temperatura per preservare la bontà dei sapori e la qualità del cibo.
Il resto è affidato alla tecnologia blockchain che garantisce un confezionamento tracciabile e sicuro, capace di elevare gli standard di qualità del food delivery. A completare l’offerta Palatò, ispirata ai ricordi di viaggio riassunti nelle confezioni: Box Essenza, Box Energy, Box Atmosfere e Box Incontri, un video tutorial con QR code attraverso il quale seguire tutti i passaggi per replicare al meglio in casa i piatti proposti dallo chef Marc Farellacci.
a cura di Antonella Aquaro