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I dolci conventuali. Una storia di mandorle, zucchero e preghiere

Sapete quali sono i luoghi in cui la tradizione dolciaria siciliana è nata? Sono i monasteri. È qui che le monache, soprattutto di clausura, creavano i loro dolci seguendo ricette di cui erano gelose custodi. Uno di questi posti è il Monastero di Santo Spirito, che ospita le suore dell’ordine cistercense fondato dalla famiglia Chiaramonte nel 1290. Siamo nel centro storico di Agrigento.

Dopo aver camminato fra ripidi vicoletti e scalinate, si giunge sin qui. Entrati, si scorge una finestrella con le grate e, sotto, una ruota dove vengono posti i dolci che si desidera acquistare. Si può scegliere il cous cous dolce, la cui ricetta risale al 1300: assomiglia al cous cous nella granulosità ma in realtà è a base di pistacchi locali lavorati insieme a mandorle e gocce di cioccolato. Questo dolce nasce dall’incontro di due culture diverse, quella tunisina e quella siciliana.

«In passato – racconta suor Maria Gabriella, la più giovane delle monache –  lavoravano in questo monastero alcune donne tunisine. Aiutavano le monache nei lavori più grossi: erano altri tempi, vi erano molte monache (oggi siamo solo in sei), ed il monastero aveva anche vigneti ed uliveti. Queste tunisine preparavano il cous cous, una pietanza tipica delle loro zone.  Nacque così questo dolce che ancor oggi viene usato in Tunisia in particolare per festeggiare i matrimoni”.

Cous cous dolce

Altro dolce tipico è la conchiglia: un gioiellino di pasta reale al cui interno si cela una zuccata, delle mandorle e del pistacchio. Sopra vi è una pennellata di rosa e verde, colori che simboleggiano la fertilità e la vita. Ma ci sono ancora altri dolci come gli amaretti fatti con le mandorle amare o i biscotti ricci, che si possono realizzare con la mandorla oppure con il pistacchio. Infine le paste nuove, con zuccata e pistacchio. Per chi ama i dolci, vivere un’esperienza del genere sarà come toccare il paradiso.

Ingredienti genuini, ricette segrete di cui depositarie sono solo le monache che ogni giorno, in religioso silenzio, tra quelle ore scandite dalle lodi, dalle meditazioni o dai canti gregoriani, impastano, modellano, creando dei dolci: veri capolavori di autenticità, il cui ricavato serve loro come sostentamento.

Infine, prima di andar via, non perdetevi una visita alla meravigliosa Chiesa annessa al monastero che custodisce al suo interno gli stucchi del famoso Giacomo Serpotta.

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