Francesco Guccini ha smesso di scrivere canzoni ma l’esigenza di raccontare, e raccontarsi, non lo ha mai abbandonato. «Scrivo ricordi della mia vita che reputo interessanti, oppure di persone che conducevano una vita che non esiste più», ci racconta in occasione dell’uscita del suo ultimo libro Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto, titolo insolito ma evocativo del piccolo mondo antico che emerge tra le pagine del suo romanzo. È un mondo del quale hai nostalgia?Non provo una vera e propria nostalgia per quello che non c’è più e che racconto nei miei romanzi e nelle mie canzoni. Si tratta di un mondo intero che è completamente svanito insieme ai suoi protagonisti. Esisteva una vita rurale, espressione di una civiltà contadina e montanara, che è scomparsa; era una vita difficile e dura molto, distante da quella che conduciamo oggi, piena di lussi. Non si può avere quindi una vera e propria nostalgia di una realtà del genere, tutt’al più si può provare malinconia per quello che si è vissuto e che non tornerà o per le persone che di quel mondo facevano parte. Nel tuo ultimo romanzo racconti di due momenti che coinvolgevano la comunità intera, il matrimonio e il funerale. Credi che questa condivisione, questa partecipazione alla vita comune, siano ancora attuali in Italia? Dalle mie parti (Sambuca, in provincia di Pistoia, sull’Appennino Tosco Emiliano ndr) esiste ancora un concetto forte di comunità ma la società si è evoluta trasformandone di conseguenza il concetto stesso. Il rito del funerale per esempio si svolge ancora con le stesse modalità che ho descritto nel libro – con l’affissione dell’annuncio nei soliti posti e la partecipazione al rito funebre di tutto il paese – ma il matrimonio no. Per le rare coppie che decidono di sposarsi il matrimonio non è più un evento che coinvolge l’intero paese, non esistono più processioni a piedi o il rito del banchetto, che allora rappresentava un momento raro durante il quale poter mangiare piatti che di rado erano messi in tavola come il bollito, l’arrosto e gli zuccherini. Come lo vedi il futuro del tuo Appennino?Nero. Stanno chiudendo molte fabbriche che davano da mangiare a questa montagna come la Daldi o la Saeco che lasceranno a piedi moltissime famiglie, e non esiste più la vita rurale che garantiva un’agricoltura di sussistenza. La montagna si sta a poco a poco spopolando. C’è stato un grande periodo di emigrazione partito alla fine dell’800 verso gli Stati Uniti, la Francia, e proseguito fino al primo dopoguerra, e che forse ricomincerà. Basti pensare che un censimento del 1911 di cui sono venuto in possesso di recente, sanciva la presenza di 7000 abitanti nel Comune di Sambuca, mentre oggi se ne contano 1400 scarsi. Esistono frazioni del Comune completamente disabitate d’inverno. E tu oggi come trascorri le tue giornate? Le passo scrivendo, leggendo, facendo qualche giro a piedi in mezzo ai boschi, osservando la natura che muta e cercando di stare il più possibile con gli amici la sera a cena. In estate vado al lago. Una volta amavo molto andare in canoa, adesso non lo faccio più, ma il rito di andare ogni giorno al lago di Suviana in estate è per me irrinunciabile. Viaggi?Non sono mai stato un grande viaggiatore, sono sempre stato molto pigro e lo sono diventato ancora di più negli ultimi anni. Nei pochi viaggi che mi concedo oggi sono meno ardimentoso di un tempo e pretendo comodità che una volta mi lasciavano indifferente. Parlando di cibo invece, di cosa sei goloso?Sono nato a Modena, anche se mi considero un montanaro visto che mio padre era originario propri dei luoghi dove ora vivo. Queste radici metà toscane metà modenesi mi fanno essere ghiotto di tutte le specialità tipiche delle due zone, quindi pasta emiliana e salumi toscani accompagnati da pane rigorosamente sciapo, carne e salsicce alla brace. Il pesce lo ammetto solo se conservato, come usava da queste parti. Se dovessimo uscire a cena insieme, dove ci porteresti?Le trattorie dove amo più andare qui sono essenzialmente tre: la Caciosteria due Ponti a Pavana, da Gianni alle Tele e la Trattoria Toscana a Porretta Terme. Sono tre ristoranti dove si può trovare una cucina multiforme, tendenzialmente tosco-emiliana con ingredienti genuini locali.