Fra i vari aspetti della nostra vita di tutti i giorni cambiati dalla pandemia c’è la gestione del cibo. In occasione dell’ottava giornata nazionale della prevenzione dello spreco di venerdì 5 febbraio sono stati resi noti i dati dell’Osservatorio Waste Watcher International di Last Minute Market e campagna Spreco Zero (su rilevazione Ipsos).
I dati verranno resi noti durante il forum in programma dalle 11.30 su Specozero.it dove interverranno esperti di diverse discipline per parlare non solo di spreco ma anche di politiche ambientali.
I numeri dello spreco
Complici le lunghe giornate casalinghe e il ridotto potere d’acquisto delle famiglie italiane, nel 2020 sono finiti nella spazzatura solo 27 kg di cibo a testa (529 grammi a settimana), 3,6 kg in meno all’anno rispetto al 2020. Questo significa oltre 222.000 tonnellate di cibo “recuperato” in Italia (per la precisione, 222.125 tonnellate). Questo si traduce in un risparmio di 6 euro pro capite, ovvero 376 milioni euro a livello nazionale, in un anno intero.
Lo spreco alimentare domestico vale però ancora tanto, 6 miliardi e 403 milioni euro. Mentre sfiora i 10 miliardi di euro l’intera filiera dello spreco del cibo in Italia, sommando le perdite in campo e lo spreco nel commercio e distribuzione che ammontano a 3.284.280.114 euro. In peso, significa che nel 2020 sono andate sprecate, in Italia, 1.661.107 tonnellate di cibo in casa e 3.624.973 tonnellate se si includono le perdite e gli sprechi di filiera.

Al Sud i più spreconi
La mappa dello spreco nella penisola ci spiega che siamo più spreconi a sud, dove si getta il 15% in più di cibo e avanzi (circa 600 grammi a settimana) e nei piccoli centri. Di contro, si spreca meno al nord (- 8%, circa 489 grammi a settimana) e nel centro Italia (- 7%, circa 496 grammi settimanali). E sono le famiglie con figli a gettare più spesso il cibo. In media lo fanno il 15% in più dei single, che si scoprono più virtuosi e oculati, così come i cittadini dei centri urbani rispetto ai piccoli comuni. A sorpresa, meno si guadagna e più si spreca. Il 38% degli italiani che si autodefiniscono “di ceto basso/medio-basso” getta il 10/15% in più rispetto agli altri intervistati.

Cibo buono per chi ne ha bisogno
«La tendenza a una netta diminuzione dello spreco alimentare domestico – spiega l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero e della Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare – che a livello nazionale e globale gioca la parte del leone con un’incidenza del 60/70% sullo spreco di filiera, si conferma saldamente in questo primo scorcio del 2021, attraverso i dati Waste Watcher-Ipsos monitorati nella settimana del 18/21 gennaio. Colpisce l’attenzione degli italiani al tema. L’85%, quindi una percentuale quasi plebiscitaria, chiede di rendere obbligatorie per legge le donazioni di cibo ritirato dalla vendita da parte di supermercati e aziende ad associazioni che si occupano di persone bisognose, in seguito all’aumento della povertà generato dalla pandemia Covid 19».

La frutta è la più sprecata
La spesa si fa per lo più una o due volte alla settimana. Lo dichiarano 7 italiani su 10 (il 69% degli intervistati) e c’è una netta consapevolezza sull’importanza di investire qualche euro in più per la qualità. Questo l’orientamento del 33% degli intervistati, mentre il 60% ha un atteggiamento pragmatico: si ricerca il miglior rapporto costo/qualità. Pochissimi (meno del 5%) vanno sistematicamente in cerca del ribasso. La frutta fresca al top della classifica degli sprechi (37%), seguita da verdura fresca (28,1%), cipolle aglio e tuberi (5%), da insalata (21%) e dal pane fresco (21%).

I motivi dello spreco
La prima causa di spreco è la poca attenzione alla data di scadenza (46%), ma a volte capita che la frutta e verdura acquistate fossero già sull’orlo della deperibilità (42%) e i cibi venduti erano già vecchi (31%). Però si ammette anche di comprare troppo (29%) e aver calcolato male il cibo che serviva (28%).

Rimedi tecno
Anche contro lo spreco entra in campo la tecnologia. Il 7,7% utilizza le app per il cibo last minute e il 3,2% per l’ortofrutta a ridosso di scadenza, con prezzi ribassati. Il 2,5% fa uso di piattaforme di scambio, il 3,4% utilizza app con ricette di riutilizzo e il 4,2% ricorre alle app di gestione ottimale del cibo e monitoraggio delle scadenze.
Nel complesso la tecnologia sembra ancora impattare poco, rispetto alle strategie di “buon senso” nella fase di acquisto e gestione del cibo. Il 41% privilegia l’acquisto periodico di prodotti a lunga scadenza e quello frequente di prodotti freschi. Il 39% si concentra nell’organizzazione del frigorifero/dispensa per scadenza dei prodotti. Il 37% sceglie di acquistare prodotti in piccolo formato e più di 1 italiano su 3, il 36%, compila sistematicamente una lista della spesa basata sul menu settimanale.
Una volta acquistato il cibo, l’89% si concentra sul consumo degli alimenti deperibili. L’87% non si formalizza sulla scadenza, e dopo aver assaggiato, consuma il cibo anche trascorse 24 ore dalla data di scadenza. Per prevenire, l’87% congela il cibo acquistato in eccesso, e l’86% conserva gli avanzi per riutilizzarli in seguito.

L’attenzione all’ambiente passa per la lotta allo spreco
Per gli italiano la riduzione dello spreco alimentare e la raccolta differenziata sono i principali per migliorare la qualità dell’ambiente (rispettivamente per il 94% e il 92%). Ma si bada anche ad acquistare prodotti alimentari da allevamento che migliorano il benessere dell’animale (91%) e a ridurre l’utilizzo di prodotti usa e getta e di imballaggi in plastica (89%). La pandemia ha avuto un impatto positivo sulla sostenibilità e l’attenzione al tema di un’economia circolare per il 51% mentre per il 49% negativo/molto negativo.
Fra i pregi la limitazione degli eccessivi spostamenti/trasporti e la riduzione del traffico aereo (49%), oltre alla maggiore attenzione per la salute e il benessere (34%). Fra le ricadute negative l’aumento dei rifiuti a causa anche delle troppe mascherine (57%) e l’aumento dello shopping online che ha generato eccessivo movimento di corrieri e troppi imballaggi (42%). Ma c’è anche chi spiega che la sostenibilità è passata in secondo piano (37%) e che si è ridotta possibilità di utilizzo del trasporto pubblico (36%).