La Daunia è tra le zone meno visitate di Puglia, una terra tutta da scoprire, attraversata com’è da un’autostrada che velocemente trasferisce i più, ad affollare le spiagge lungo la costa, dallo sperone garganico al tacco salentino, dimenticando che questa antica terra dei Dauni, oggi provincia di Foggia, è quella che ha ottenuto più riconoscimenti in fatto di qualità turistica e ambientale regionale.
Uno scrigno di bellezza e cultura, tradizioni ed enogastronomia coi fiocchi, dove, uva, olive e grano, grazie a mani sapienti vengono trasformati in prodotti unici e inconfondibili. La Daunia ha tutte le carte in regola per attrarre i turisti curiosi di natura, storia ed arte. Musei e castelli, il paesaggio con la distesa dei colli morbidi, le sue sconfinate praterie di grano, i paesi arroccati, tutti a guardare dall’alto il fondovalle, un articolato sistema di tratturi, percorsi per secoli dalle greggi, e dove nacquero e decaddero civiltà come quelle dei Dauni e Sanniti che hanno lasciato in eredità veri e propri “giacimenti” di archeologia.
I monti dauni spiccano per eccellenze, un’area montana collinare della Puglia che è anche punto di contatto con Molise, Basilicata e Campania, un’affascinante sconosciuta le cui qualità vanno scoperte piano piano. A cominciare da Bovino, in posizione strategica, dove, nel centro storico colpiscono per bellezza i portali in pietra e la cattedrale in stile romanico, domina su tutto il castello ducale che ingloba lo splendido museo Diocesano. Orsara di Puglia, la più titolata dell’intera provincia, con 2700 anime, da pochi anni ha sbaragliato tutti gli altri borghi aggiudicandosi il premio come “miglior comune della provincia”, assegnato da una giuria di giornalisti.
Bandiera arancione del Touring Club Italiano, città slow, infine il premio di “antichi sapori delle Puglie” assegnato dall’Associazione difesa dei consumatori. Non male per questo grumo di case circondato da boschi e sorgenti, che permea storie di angeli e monaci guerrieri, di abati e pellegrini. A Orsara la vita scorre semplice, e a dettare la concezione del tempo sono l’alternarsi delle stagioni e i rintocchi delle campane della chiesa di San Nicola, non certo le lancette dell’orologio. Forni minuscoli bruciano ancora paglia, e inebriano l’aria di profumi antichi.
Ma in questi anni di emigrazione senza sosta c’è stato chi è andato controcorrente: Peppe Zullo, chef di livello internazionale, ha deciso anni fa di tornare nella sua Orsara dopo aver lavorato oltreoceano, rilanciando la cucina del territorio. Il suo motto “simple food for intelligent people” lo si intuisce nella sua cucina, con vista sui campi e “sull’orto dei sapori dimenticati”, dove prendono vita piatti di un’alimentazione ancestrale trasformati in ricette di primo piano nella cucina moderna di qualità. Lampascioni, fave, cicorie orecchiette di grano arso e cime di rape, nella sua scuola internazionale diventano ingredienti primari per i futuri chef provenienti dal Giappone, Canada e Stati Uniti, venuti fin qui per imparare e ispirarsi a questa cucina contadina del Sud.
E’ Troia la prossima meta, con la sua storia che s’intreccia indissolubile con quella della Chiesa che ha lasciato un segno indelebile nell’arte e nell’architettura del borgo, dove il tempo ha conservato ritmi e tradizioni del passato custoditi gelosamente. Usciti dalla splendida cattedrale romanica, sarà difficile resistere ad un “peccato di gola” nella dirimpettaia pasticceria che sforna la passionata, un dolce di ricotta vaccina e ovina ricoperta con pasta di mandorle, ultra premiata in diversi concorsi.
A Lucera, città d’arte con il castello medievale più grande d’Europa difeso da una cinta muraria estesa per quasi un chilometro, iniziato da Carlo D’Angiò I e terminato da Federico II, oltre all’anfiteatro romano di ragguardevoli dimensioni, il duomo con splendidi affreschi nella cappella Gallucci, e il museo civico Giuseppe Fiorelli ricco di testimonianze della storia millenaria della città, tra questi le ceramiche arabe (sec.XIII) che attestano la presenza della colonia Saracena voluta da Federico II di Svevia, Stupor Mundi, il quale dimorò a lungo qui, e l’amò di amore profondo, lasciando in tutta la Daunia tracce della sua presenza, fino alla sua morte, avvenuta a Castelfiorentino nel 1250.L’idioma francoprovenzale è ancora parlato in alcuni comuni, e poco lontano, a Casalvecchio di Puglia, un’altra piccola isola linguistica, vive ancora l’arberisht, ovvero la lingua albanese più antica, portata sin qui dagli antenati di Skanderbeg, il più valoroso dei guerrieri albanesi del 1400. Bisogna attraversare fertili campi di ortaggi per raggiungere Ascoli Satriano, che appare come un nido d’aquila nella parte più alta di queste terre ondulate che si spianano e si dissolvono verso il Tavoliere, con le terre arate e glabre.
All’entrata del paese non bisogna perdere una visita al museo civico archeologico dove ammirare i due Grifoni che sbranano una cerva, statua in marmo policromo (IV sec. a .C.) un’opera unica nel suo genere di cui non esistono precedenti simili. Dal parco archeologico sulla cima della collina del Serpente, la vista spazia fino al Gargano, sullo sfondo, che sembra galleggiare maestoso, sospeso tra terra e mare.
a cura di Vittorio Giannella