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Cisternino e l’identità forte dei piccoli borghi

 Il logo è già di per sé evocativo: la parola”borghi” stilizzata a lettere che richiamano, da diverse prospettive, finestre, scale, piazze, chiese, strade e palazzi.Cisternino, emblema della Valle d’Itria soleggiata, bianca e mitigata dalla brezza iodata del mare, per il sapore autentico dei suoi luoghi, la particolarità distintiva di trulli e masserie che attraggono ogni anno sempre più turisti assetati di ruralità è, da cinque anni, il perno centrale di un forum che si tiene in periodo autunnale espressamente dedicato ai borghi più belli dell’area del MediterraneoVengono da tutte le parti d’Italia e d’Europa per assistere a questa serie di conferenze e approfondimenti promossa in collaborazione con l’Associazione “I Borghi più belli d’Italia” e la Regione Puglia, che si articola con relazioni e incontri tematici aperti a professionisti, cittadini, turisti e operatori del settore storico-artistico-architettonico ed agro-alimentare, con un corollario di workshop, mostre, concerti e docufilm.Lo scopo? Promuovere e sviluppare politiche di accoglienza e cooperazione internazionale, stabilendo una sinergia che valica i confini per favorire un’osmosi di integrazione sociale e rafforzare quell’unicum di preziosità che contraddistingue i borghi.  Quest’anno, il tema della quinta conferenza di Cisternino era espressamente incentrato sulla tutela, il recupero e la valorizzazione dei centri storici. Al tavolo dei relatori – che hanno ospitato anche i contributi delle delegazioni estere – si sono seduti giornalisti (valido strumento di promozione dei territori), diplomatici e autorità politiche (vero trait-d’union tra intento e realizzazione) ed esperti in turismo (utili interlocutori per strategie di azione e attrazione), ma anche professionisti operanti in ambito edile e nelle costruzioni (efficaci  autori di ripristino e messa in sicurezza del territorio) di esperti storia dell’arte e architettura (eccellenti guide per orientamenti finalizzati alla conoscenza) per comprendere appieno il significato del recupero dell’eredità storica trasmessa dagli avi, che è poi il vero valore aggiunto dei piccoli borghi. E chi, meglio di Cisternino, poteva fare da scenario a tutto questo? LA PIETRA, PROTAGONISTA ASSOLUTA La Puglia, specialmente negli ultimi anni, è diventata un polo di attrazione turistica eccezionale, al punto da superare, per preferenze di vacanze estive, la sempiterna top di lista, la Sardegna.Vengono da tutte le parti del mondo per trascorrere le ferie nel tacco dell’Italia, in questa terra fitta di ulivi secolari e pietra bianca, incastonata fra tre mari. E il Salento è diventato qualcosa come un brand identificativo di un luogo unico: le chiese barocche e i menhir, il buon cibo e il Negroamaro, i riti e le tradizioni della Magra Grecia. La Puglia, insomma, è  un’esperienza da fare e ripetere, qualcosa da vivere e di cui parlare. Non a caso la Disney ha ambientato il suo nuovo cartone animato, Trulli Tales, ad Alberobello con protagonista – manco a dirlo – Frisella.E a proposito di specialità tipiche, questo è il territorio di taralli, burrate e bombette (fettine di vitello semplici o ripiene di caciocavallo, arrotolate e infilzate allo spiedo).Qui i fornelli sono annessi alle macellerie e si può scegliere il taglio di carne da farsi preparare e gustare all’istante. La naturale evoluzione di queste esperienze e sapori è culminata in un progetto di respiro internazionale: la Med Cooking School, che fa capo ad Alma, Scuola Internazionale di Cucina Italiana che ha sede nell’ex convento di San Domenico, a Ceglie Messapica.   Tuttavia, oltre alla parte enogastronomica che in Puglia occupa un posto di rilievo se si considerano le vaste produzioni di ottimo olio e vino, la vera regina dal fascino incontrastato di questa regione è la pietra bianca, che si esprime sotto forma di coni di trullo e muretti a secco, cummerse e lamie.Del resto, la Valle d’Itria sorge su quello che in geologia è definito “banco carbonatico apulo” che nel cuore del sottosuolo racchiude un labirinto speleologico come le Grotte di Castellana e in superficie sprigiona ed irradia naturalmente la sua allure candida.Ne è un esempio Ostuni, la città bianca per antonomasia, con il suo susseguirsi di archi, torri, case palazzate, corti, altane, vicoletti, edifici gentilizi e botteghe. A Ostuni, dopo aver passeggiato lungo i suoi saliscendi, assolutamente da vedere è il Museo delle Civiltà preclassiche della Murgia Meridionale, ricavato nell’ex Monastero Carmelitano dove è esposto lo scheletro di una donna gravida (e del suo bambino) vissuta 28.000 anni fa, eccezionale ritrovamento avvenuto nel 1991 nella grotta di Santa Maria di Agnano dal prof. Donato Coppola, paletnologo dell’Università Tor Vergata di Roma.    L’IMPORTANZA DEL CUORE, IL CENTRO STORICO E’ risaputo che i centri storici dei borghi e la loro offerta sono il polo di attrazione maggiore per i turisti in visita, ecco allora che diventa importante preservarli dal declino, correggere le discontinuità e le disarmonie intervenute negli anni attraverso una economia urbana lungimirante e scenari progettuali attenti a salvaguardarne l’integrità originaria. Al recente convegno svoltosi al cineteatro “Paolo Grassi” di Cisternino si è parlato della Carta di Gubbio (la dichiarazione del 1960 a tutela dei centri storici), ma anche di identità e valore nel restauro urbano, di opportunità e risorse, ponendo come esempio l’excursus di Alberobello, che dal piano regolatore è passata al riconoscimento Unesco.Si è parlato anche di piano colore durante il forum sui borghi; sì, proprio il colore delle case, il colore delle città, dei centri storici, che da solo o combinato, connota e fa diventare immediatamente riconoscibile una località precisa, un luogo del cuore. E il bianco, si sa, è la sommatoria di tutti i colori, nello spettro della luce.Quando torniamo da un viaggio, o da un luogo preciso, ne ricordiamo proprio i cromatismi, che si avviano gradatamente, proprio come una sfumatura, all’archivio della memoria sensoriale, così da alleviare la percezione di distanza definitiva. Per lenire il distacco.“Hai lenuto?” – si dice in dialetto pugliese (contaminato dall’aragonese) chiedendo se si sono tinteggiati i muri di casa, operazione da fare una volta all’anno con il latte di calce bianca, affidando questo lavoro all’allattatore (il pittore, l’imbianchino).Perché lenire dà sollievo, rende lindo, pulito. Lenire i muri, in un remoto passato, voleva anche dire disinfettare dalla peste. Ora, in Puglia, si lenisce dopo aver preparato la salsa di pomodoro, cosicché, una volta finito, mischiata la calce con l’acqua acida dei pomodori, questo mix ha un effetto caustico levigante sulle chianche del pavimento e dei muri, che brillano protetti.Non solo: rifrangono il sole che questi luoghi bacia direttamente e amorevolmente sulla fronte.

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