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Castelli e agrumi, ulivi e liquirizia

Entri in Calabria da nord-est, attraverso il breve corridoio lucano che è quasi Puglia, e ritrovi un Sud della memoria, integro e verde. Risparmiati dagli obbrobri cementizi, scorrono col ritmo lento della Statale 106 lunghi tratti di litorale connotati dal cobalto dello Jonio e da bianche spiagge ciottolose. Giù, fino al Marchesato crotonese, sono incorniciati da pinete e radure costiere e punteggiati, a mezza costa, da antiche fortificazioni in parte dirute. Rocche e castelli dominano, infatti, da speroni e cocuzzoli rocciosi o svettano dalle chiome degli uliveti. Fa eccezione, a Roseto Capo Spulico, il millenario fortilizio che pare spuntato naturalmente dalla scogliera a picco sul golfo di Taranto. È il Castrum Petrae Roseti, suggestiva testimonianza federiciana dell’XI secolo, ora riconvertito in esclusivo relais con tanto di suite “imperiale”.

Il succo della terra. Torrioni e manieri sembrano tutelare ancora oggi questo territorio della provincia di Cosenza, vasta area tra il Pollino e lo Jonio, che oltre a veri e propri tesori paesaggistici (arriva quasi fin qui il Parco Nazionale del Pollino), custodisce preziose colture agricole con tanti artigiani del gusto, che – per dirla col gastrosofo Michael Pollan – “trasformano la materia della natura in gustose creazioni della cultura”. È un’impressione che si concretizza già nel primo comune al confine con la Basilicata. A Rocca Imperiale, il maestoso castello svevo del XIII secolo sovrasta un ampio territorio e pare proteggere col suo mastio il locale “oro giallo”: gli agrumeti consacrati al limone di Rocca Imperiale. Tutelato dall’Igp, è un’eccezionale varietà ricercata per il profumo intenso, la succosità, la totale assenza di semi e per la facilità con cui si sbuccia. Grazie all’impegno di produttori illuminati, rivaleggia coi “fratelli” campani e siculi e in qualche caso li batte per qualità organolettiche e caratteristiche morfologiche. L’incremento delle coltivazioni, sempre più a conduzione biologica, ha visto negli ultimi anni la crescita del prodotto fresco (la raccolta, tra febbraio e marzo, si ripete anche in altre stagioni) e, parallelamente, l’attività conserviera con succhi e marmellate anche bio.

Ma in zona ci sono anche altri agrumi dal profumo seducente, come l’arancia di Trebisacce dalla spiccata vocazione per la raccolta tardiva. Se altrove si raccoglie il frutto appena maturo e si conserva in celle frigorifere, fin dall’Ottocento a Trebisacce le arance vengono lasciate sulla pianta anche a primavera inoltrata e conservano a lungo un profumo intenso e un gusto ottimo. Tardive al punto da poter essere gustate persino sotto l’ombrellone, si coltivano in agrumeti che da queste parti chiamano “vigne”. Vigneti autentici, invece, sono quelli di Montegiordano, dove un nobile maniero seicentesco che da quasi due secoli è della famiglia Solano signoreggia sugli ulivi e su ordinate colline vitate. Nella tenuta di 60 ettari, Giovambattista Solano e la sorella Francesca schierano in faccia allo Jonio magnifici filari dai quali ricavano ottimi vini. Tra questi spicca l’Alias, un singolare bianco da uva Traminer, rarissimo nel profondo sud, dai classici profumi speziati resi “mediterranei” da straordinari sentori minerali e salini.

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