Caffè, cappuccino e cornetto… ma anche fiori, oggetti di design, libri, mostre. Oggi i bar sono quasi dei concept store h24 dove si consumano esperienze e non più solo brioches. Una visione globale di quanti e quali siano stati i cambiamenti nel settore ce l’ha Laura Mantovano, curatrice, da 17 anni ormai, della guida Bar d’Italia edita dal Gambero Rosso.Laura, c’è un prima e un dopo nella storia dei bar italiani?Dagli anni Duemila, le guide dedicate di sicuro hanno fatto la differenza. Il fatto che un luogo come il bar, ritenuto quasi una commodity, perché tutti ci passano almeno una volta al giorno, cominciasse a dover fare i conti con l’assegnazione di un punteggio, ha smosso molto le acque. Concetti quali la competizione, la concorrenza, l’obiettivo di un premio, del tutto sconosciuti in quell’ambiente, hanno cominciato ad avere un peso. Conseguenza diretta di questo meccanismo è stato il miglioramento dei locali e della loro offerta. Prima il bar si sentiva al riparo dai giudizi, ora non è più così.Non più dunque una sosta fugace, ma un luogo dove si può passare un’intera giornata…Già. Per mangiare, guardare una mostra, ascoltare della musica. Tutto questo, ed è bene sottolinearlo, ancora a prezzi modici. La grande differenza con la ristorazione è questa. Nei bar di oggi puoi fare esperienze gastronomiche interessanti senza dover spendere poi tanto.Un trend che emerge chiaro anche nell’ultima edizione 2017 della Guida…Assolutamente sì. E qui conviene fare qualche nome per capire la portata del fenomeno. Un pasticcere come Sal Di Riso ha aperto a Minori un locale che funziona h24 ed è sì pasticceria, ma anche pizzeria e bistrot; la pasticceria Roberto a Erbusco, dove il popolo dell’happy hour ormai è quasi più numeroso di quello dei golosi; Gino Fabbri a Bologna che mette in carta la merenda delle cinque o il locale di Pino Ladisa a Valenzano che organizza un vero e proprio Jazz Festival.Ma la novità che accomuna un po’ tutti?Senza dubbio l’attenzione per il caffè. Che pare un po’ scontato parlando di bar, ma si moltiplicano le tipologie, i metodi di tostatura e di estrazione, le piccole torrefazioni con consumo in loco. E poi i cocktail-bar, sempre più in ascesaTra così tante tendenze contemporanee che aria tira per i caffè storici?Valga per tutti l’esempio del Caffè Mulassano a Torino, premiato da sempre. A questo locale si deve l’invenzione dei tramezzini. Era il 1925 e ancora oggi sono buonissimi.Non è che chiamarli “baristi” appare riduttivo?In effetti la dicitura “barman” pare più adatta, e alcuni di loro sono così famosi da essere assimilati ai più noti chef. Penso a Corrado Assenza, il pasticcere di Noto, la cui insegna Caffè Sicilia è meno conosciuta di lui. O a Nereo della Caffetteria Torinese di Palmanova, che tutte le volte che è chiamato a ritirare un premio riceve delle vere standing ovation da parte del pubblico.
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