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Bologna, un modello di cambiamento

 

Bella, colta, ricca: sembrava non le si potesse chiedere di più, come se avesse già detto e dato tutto. È dunque una sorpresa scoprire che invece, negli ultimi anni, il capoluogo emiliano ha mutato pelle, superando i suoi stessi limiti e rinascendo come meta di un turismo nuovo. Giovane e internazionale

 

 

 

Arriviamo alla stazione di Bologna e ci avvia- mo a piedi verso Via Indipendenza. Già alla scalinata del Pincio però notiamo qualcosa di diverso. Un gruppo di ragazzi esce da un cancello in bici, e ce ne sono altri che arrivano, con o senza due ruote. Insomma, un bel via vai. Cosa c’era lì una volta? Un’autorimessa, poi più nulla, forse una discarica. Oggi, l’insegna dice che stiamo entrando da Dynamo, una velostazione. Di base un parcheggio per biciclette, in realtà un vero e proprio centro culturale nato sì per permettere ai pendolari di lasciare il proprio mezzo custodito o ai turisti di affittarne uno adatto alle proprie esigenze (fino all’innovativa bici per disabili), ma poi cresciuto co- me bar, punto d’informazione con wifi gratuito, luogo d’arte, spazio per eventi e concerti; l’ingresso

a ogni servizio è gratuito, i prezzi di noleggio e deposito popolarissimi. Dall’ottobre 2015 è questo il benvenuto che Bologna offre ai turisti arrivati in treno o in pullman (a due passi c’è l’autostazione), magari dall’aeroporto. Ed è un gran bel benvenuto, che dà subito l’idea di quanto la città sia cambiata negli ultimi anni, proiettata verso una dimensione internazionale dell’accoglienza. E allora saliamo anche noi in sella alla nostra bici immaginaria e andiamo a scoprire cosa ne è stato di quella “vecchia signora dai fianchi un po’ molli” cantata da Guccini nei primi anni ’80, e che per quasi 40 anni è rimasta pressoché immutata, con i suoi “salami in vetrina”, gli studenti universitari e soprattutto il giro d’affari legato alla Fiera. Che peso aveva il turista in tale equilibrio all’apparenza perfetto? Pochissimo,ma a lungo questo non è sembrato un problema.

 

 

Addio vecchia signora

Poi tutto è cambiato. Il mondo fieristico come lo conoscevamo non ha retto il peso della crisi e delle nuove forme di comunicazione, e l’intero universo dell’accoglienza alberghiera, soprattutto, ma anche della ristorazione bolognese che si reggeva su quel perno ha rischiato il collasso. A emergere a quel punto una netta consapevolezza: bisognava cambiare, rileggere la città, riposizionarla. «Bologna sta conoscendo una nuova giovinezza. Il turismo è in costante crescita, ed ha un carattere contemporaneo: è eterogeneo, ha esigenze e interessi nuovi. Vuole una città da vivere, con i propri tempi e secondo i propri interessi». Ce lo racconta Simona, che lo sa bene. Tra i soci della velostazione, lei di turisti ne incontra tutti i giorni. «I primi tempi ci intimoriva noleggiare bici a tedeschi, olandesi… abituati come sono a città pensate per le due ruote. Ma quando ci hanno assicurato di sentirsi sicuri a muoversi per le vie di Bologna (recentissimo il progetto della Tangenziale delle Bicilette che agevola la circolazione lungo i trafficati viali, ndr), ci siamo sentiti orgogliosi della direzione in cui sta andando la nostra città».

 

 

 

Cambiare, per restare se stessi

La nostra, di direzione, è invece quella di Piazza San Petronio e dell’adiacente Quadrilatero. Zona di mercato fin dal Medioevo, in tempi recenti le sue botteghe dalle splendide insegne storiche erano frequentate perlopiù dagli abitanti del centro per la spesa quotidiana; neanche l’ombra insomma dell’antico fermento. Guardiamolo oggi invece questo groviglio di strade stipato di locali e persone: un quartiere rinato. Si brinda con calici di Pignoletto e Lambrusco, si spizzicano tigelle e crescentine, mortadella e Parmigiano. L’aperitivo, insomma, anima di questa rinnovata frequentazione, è declinato alla tradizione. Ed è proprio questa una delle armi sfoderate per dare una nuova identità al turismo in città: «un anno di studi sulla percezione che ha di Bologna il viaggiatore internazionale ci ha mostrato come il suo punto di forza fosse la genuinità, la sensazione cioè che, soprattutto a livello gastronomico, l’offerta bolognese non fosse “a misura di turista”, ovvero piegata al guadagno facile e alla speculazione come avviene in molti altre località italiane» ci spiega il professor Roberto Grandi, alla guida di Bologna Welcome, dal 2015 responsabile dello sviluppo e della gestione delle attività di accoglienza turistica. Rispetto del viaggiatore e valorizzazione della tradizione gastronomica locale, sono state quindi due delle leve che hanno mosso il rinnovamento.

 

 

 

 

Ripartire dall’esistente

Da leggere in questa prospettiva anche il recupero di spazi come quello del Mercato di Mezzo o, poco distante, del Mercato delle Erbe, entrambi pezzi di storia cittadina lasciati morire per anni e oggi rinati non solo con un’offerta di merci di alta qualità, ma anche con una proposta di punti ristoro d’eccellenza e un design di grande impatto. Un altro mercato rionale, quello di San Donato, nella prima periferia, ha avuto un destino diverso. È diventato sede dell’Orchestra Senza- spine: 200 musicisti under 35 che animano un centro culturale aperto a tutti. Poi ci sono le splendide Serre dei Giardini Margherita con i loro orti e laboratori, il progetto in divenire del cinema d’essai ospitato nelle sale Liberty del sotterraneo Modernissimo fino al Parco agroalimentare Fico di prossima apertura. Tutti recuperi dell’esistente, tutti spazi multifunzionali destinati ad accogliere bolognesi e turisti offrendo loro un’infinità di servizi. Tutti luoghi di aggregazione che, fino a pochi anni fa, non c’erano. E dei quali si sentiva davvero il bisogno.

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