Piacevoli e salutari, sono l’ideale accompagnamento al caffè o per il dopo pasto, ma possono essere usati anche come dissetanti con selz e succo d’arancia o, caldi, come veri e propri antisettici. Dal Lucano a quello del Capo, passando per Ramazzotti e Montenegro un tour speziato tra le migliori produzioni nazionali Se sulla rilevanza di Pellegrino Artusi come fondatore e unificatore della tradizione gastronomica nazionale sono stati versati fiumi di inchiostro, non altrettanto nota è l’influenza svolta da Antonio Rossi sulla cultura della distillazione e della produzione delle bevande alcoliche, contenuta nel Manuale del liquorista, contemporanea all’opera artusiana. Eppure numerose ricette e preparazioni che fanno oggi parte del patrimonio liquoristico nazionale e internazionale, devono a quell’opera il proprio successo. Un’eredità estesa e, un tempo, orgogliosamente difesa su base regionale o cittadina, conseguenza della presenza di determinate piante ed essenze in un preciso territorio che diede vita a officine (ossia laboratori di trattamento) dove erbe (al Nord e lungo l’Appennino) e spezie (lungo le coste e al Sud) subivano un processo di trasformazione alchemico. Una dieta spiritosaLa liquoreria nasce all’interno delle mura dei conventi, dove – anche grazie agli orti e ai giardini appositamente studiati – esisteva la disponibilità di piante e radici che si lasciano macerare nelle soluzioni alcoliche. Oggi molti monasteri continuano la millenaria tradizione, come a Camaldoli o a quello di Tre Fontane a Roma. L’amaro di quest’ultimo è prodotto secondo le rigide regole della tradizione monastica con due classici capisaldi dell’italica abitudine del dopo pasto: china e rabarbaro, uniti ad altri vegetali amaricanti. Per secoli la china è stata inoltre l’unico rimedio naturale conosciuto per la cura della malaria e si pensa che la sua sconfitta nell’area paludosa di Tre Fontane si possa attribuire, almeno in parte, alla produzione del digestivo del complesso abbaziale. Del resto anche nei lazzaretti del Seicento, come racconta Alessandro Tadino da cui Manzoni estrapola alcune notizie per la stesura de I promessi sposi, viene adottata una dieta spiritosa a base di erbe macerate in soluzioni alcoliche. Un altro periodo storico di grande notorietà per gli amari ha luogo con il diffondersi del termalismo a cavallo tra Otto e Novecento; le località termali vedono infatti fiorire l’attività liquoristica farmacologica come completamento delle cure: le erboristerie e le farmacie si dotano di piccoli laboratori dove formulare alcolici ricordi amari o veri e propri rimedi curativi. Cosa vuoi di più dalla vita?Negli anni le aziende industriali hanno sostituito i laboratori artigiani e sempre più etichette fanno ormai parte di gruppi industriali diffusi a livello planetario. Con pochissime eccezioni, come il Vecchio Amaro del Capo. L’epopea della famiglia Caffo parte dalla Sicilia, quando Giuseppe inizia la distillazione di vinacce alle pendici dell’Etna alla fine del XIX secolo. I suoi figli acquisiscono uno stabilimento del Vibonese a Limbadi, località nota per la produzione di vino rosso che garantiva grandi quantità di vinacce e poca concorrenza rispetto alla Sicilia. La quarta generazione sviluppa ancora la ricetta del trisavolo e lavora molte delle materie prime coltivate nell’azienda agricola che si trova nella stessa Limbadi. La ricetta del Vecchio Amaro del Capo si compone delle classiche piante aromatiche della tradizione come l’anice, spezia egemone della liquoristica nel centro e nel sud Italia, la liquirizia calabrese e le scorze di agrumi, per un insieme dolce e profumato. Un altro prodotto che fa parte della tradizione meridionale è l’Amaro Lucano. E pure racconta di una saga familiare, quella iniziata da Pasquale Vena 122 anni or sono a Pisticci nel Materano. Intorno all’Amaro Lucano l’omonimo nipote di quel Pasquale Vena ha aperto nel mese di aprile, nel capoluogo, una bottega-museo che custodisce premi, lettere commerciali e una collezione di albarelli riposti nel mobile a ripiani da speziale dove vengono conservate le oltre 30 tra erbe ed essenze che compongono il celebre amaro: salvia, achillea, cardo, ruta e assenzio tra le maggiori. La pubblicità ha accompagnato Lucano fin dall’inizio della sua storia, inizialmente con manchette e manifesti, per approdare in tv negli anni Ottanta con un primo spot interpretato da un giovanissimo Michele Placido; del 1991 infine il ritornello che ha reso celebre l’Amaro Lucano, Cosa vuoi di più dalla vita? Liquori “delle virtudi”Un altro jingle televisivo diventato famoso è invece Sapore vero, legato all’amaro Montenegro. In questo caso la storia ha inizio nel 1885, quando Stanislao Cobianchi, figlio di una nobile famiglia bolognese e destinato alla vita ecclesiastica, decise di rompere con il passato e di effettuare un giro intorno al mondo. Durante il viaggio ebbe modo di imbattersi nelle 40 specie botaniche (radici, semi, cortecce, frutti, rizomi e fiori) che gli servirono per mettere a punto una specialità dedicata a Elena del Montenegro, futura regina d’Italia. Tra gli estimatori anche Gabriele D’Annunzio, che definì l’amaro liquore delle virtudi in una sua lettera. Risale invece all’anno del Congresso di Vienna la ricetta dell’Amaro Ramazzotti. Fu allora che Ausano Ramazzotti predispose nel suo laboratorio vicino all’Arena di Milano una miscela di 33 erbe e radici infuse in alcol senza l’uso di coloranti o aromatizzanti come ancora oggi la ricetta impone. Diffuso in tutto il mondo, Ramazzotti è impegnato dal 2010 a favorire lo sviluppo e l’autonomia di piccole comunità agricole del Kerala, la regione dell’India da dove partono alcune delle spezie a coltura biologica necessarie per la preparazione dell’amaro: cardamomo, chiodi di garofano e zedoaria. Un altro liquorista che ha fatto conoscere l’Italia nel mondo è Bernardino Branca. Risale al 1845 la messa a punto, a Milano, del Fernet che porta il nome della famiglia, che per mezzo di 5 generazioni ha sviluppato un’azienda votata all’internazionalizzazione. Imprecisato il numero di erbe e spezie che partecipano alla miscela di infusione, tra cui agarico, galanga, zafferano, mirra e scorze di laraha. Oggi la Fratelli Branca Distillerie è un’icona di Milano, presente con i suoi prodotti in 160 Paesi del mondo e resa famosa per il motto Sopra tutto Fernet Branca, riportato nelle campagne televisive a partire dagli anni Sessanta. Cos’è un amaro?La legge italiana definisce liquore amaro un prodotto ottenuto da acquavite agricola di origine cerealicola, frutticola o enologica (solvente) mediante infusione o aromatizzazione di erbe e sostanze alimentari come cortecce, bacche e radici (soluto). Gli amari si classificano sul tenore di zucchero e sul rapporto amaro e aroma, pertanto si dividono in amarissimi, molto amari, aromatici, amari aromatici medi e amari molto aromatici. Il titolo alcolico minimo deve essere di 15° e lo zucchero per litro deve essere sotto la soglia del 10%. In caso contrario si parla di liquori. Rimedi papaliLa storia degli amari viene da lontano. Infatti, se si escludono gli scritti del persiano Avicenna, il primo trattato dedicato agli amari in Europa è probabilmente quello del valenzano Arnaldo da Villanova di Grau che riuscì a curare per mezzo di una di quelle bevande corroboranti la colite renale del cagionevole papa Bonifacio VIII durante il primo Giubileo della storia nel 1300. Ciò che non gli impedì di essere messo all’indice da parte dell’Inquisizione catalana. Sapore artigianoOggi sono sempre meno i farmacisti e i monaci impegnati nella produzione di questi liquidi corroboranti, anche se sopravvive una costellazione di piccole produzioni dove il prodotto è curato con logiche artigianali. È il caso della China Clementi, che porta il nome del botanico che diede vita all’elisir nel 1884 a Fivizzano, sulle colline di Massa Carrara. Per ottenere l’amaro viene sminuzzata la corteccia di china e, con altre erbe officinali e alla scorza di arancia amara, inserita in soluzione idroalcolica. A questa che è la base, trascorse alcune settimane si aggiungono zucchero e alcol per ottenere il giusto equilibrio tra dolce e amaro. L’affinamento in botti di acciaio e il metodo soleras per la chiarifica e la stabilizzazione del liquore ne esaltano le complesse note aromatiche e il colore ambrato. È infatti l’appropriata convivenza tra le note amare e dolci che caratterizzano ciascun prodotto e lo renderlo appetibile a una precisa fascia di consumatori. Per saperne di più:www.caffo.comwww.amarolucano.itwww.montenegro.itwww.ramazzotti.itwww.fernetbranca.comwww.chinaclementi.it