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Ci sono i classici “evergreen”, come gli Uffizi e i Musei Vaticani, e le piccole collezioni private di enorme valore artistico. Le esposizioni più curiose come quelle sul Risparmio a Torino e sulla Dieta Mediterranea in Campania e i beni monumentali – castelli, chiese, siti archeologici – diventati istituzioni museali. Le gallerie aziendali che mettono in mostra autentici pezzi di storia e quelli specializzati su cinema o automobili. L’Italia, si sa, è una summa impareggiabile di testimonianze di arte, scienza e tecnica, disseminate per tutta la penisola. Ovunque vi troviate, il viaggio in questo incredibile patrimonio culturale diffuso, è lì ad un passo: in città come nei paesi. Seguiteci, dunque: vi guidiamo noi ad una “vacanza per la mente”, alternativa al mare e alla montagna

 

 

Oltre tremila tra pinacoteche, gallerie, esposizioni, raccolte d’arte pubbliche e private, castelli, chiese, aree archeologiche, palazzi, fondazioni e monumenti divenuti istituzioni museali. Se il patrimonio culturale italiano ha un carattere distintivo, è proprio quello del “museo diffuso”, che esce dai suoi confini e si innesta in ogni angolo del Paese. Come dice lo storico dell’arte e attuale direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, «in Italia i musei maggiori, quelli che muovono le migrazioni turistiche dall’Europa, dal Giappone e dall’America, si moltiplicano, come in un gioco degli specchi, nelle pubbliche collezioni che solo la modesta frequentazione e la marginale visibilità ci obbligano a definire minori». E se i più visitati in assoluto sono i Musei Vaticani, gli scavi di Pompei, la Galleria degli Uffizi e il Corridoio Vasariano a Firenze, il Palazzo Ducale a Venezia e la Galleria dell’Accademia a Firenze, disseminati per tutto il resto della Penisola vi sono musei storici, etnologici, antropologici, scientifici o tecnici, d’arte, specializzati ovvero monotematici (quelli dedicati ad argomenti come il cinema, la ceramica, l’automobile). Per chi, insomma, ha voglia (o necessità) di rimanere in città anche ad agosto, andar per musei non è un ripiego, ma una scelta di stile intelligente e romantica, un modo per scoprire quell’Italia che nelle grandi e piccole località custodisce non solo il nostro passato, ma anche e soprattutto il nostro futuro. E se di Venezia, Firenze, Roma o Pompei si sa più o meno tutto, val la pena lasciarsi conquistare “dall’altra Italia”, quella forse meno appariscente e un po’ defilata ma certamente degna di visita perché luogo di meraviglie con le sue varie tradizioni, culture, attrattive speciali. A farci da bussola, in questo tour che si snoda da Nord a Sud, non possono che essere le tratte di Italo, cioè il treno, vettore romantico per eccellenza e che, anche ad alta velocità e con tutti i comfort della modernità, riesce sempre a esprimere un suo quid poetico.

 

 

 

Archeologia e contemporaneo

Prima tappa del nostro tour artistico, Torino, dove proprio un museo riesce a rendere poetico anche il tema più prosaico: il denaro. Nella capitale Sabauda infatti troviamo una struttura dedicata al Risparmio il cui obiettivo è quello di fare divulgare un concetto così importante per mezzo di un linguaggio semplice, materiali audiovisivi e strumenti tecnologici all’avanguardia che stimolano l’interattività. Da non perdere in zona anche la Reggia di Venaria, dove pure i Giardini, freschi di restauro, sono un museo a cielo aperto, grazie in particolare al dialogo virtuoso tra insediamenti archeologici come la Fontana dell’Ercole e le opere contemporanee di Penone e Anselmo. Più a est,

nei dintorni di Brescia, merita la visita il Museo di Santa Giulia ubicato lungo l’antico decumano massimo della Brixia romana, all’interno del suggestivo complesso monastico che il re longobardo Desiderio fece costruire oltre 1200 anni fa. L’area sottostante conserva reperti archeologici di varie epoche, come le Domus dell’Ortaglia (antiche abitazioni romane rinvenute negli orti), e al museo appartengono anche le strutture del monastero, tra cui la chiesa di Santa Maria in Solario, il coro delle monache e la chiesa di Santa Giulia. Nelle sale museali si custodiscono migliaia di reperti che vanno dall’età del Bronzo al pieno Ottocento, in prevalenza forniti dal territorio bresciano. Le opere più note? La Vittoria Alata, la Croce di Desiderio e la Lipsanoteca (testimonianza dell’arte iconografica paleocristiana). Raggiungiamo quindi la costa adriatica, dove Venezia non ha certo bisogno di presentazioni. Come del resto il suo Palazzo Ducale che è anche sede di eventi e mostre, come quella visitabile fino al 13 novembre e dedicata ai 500 anni della creazione del ghetto Venezia, gli Ebrei e l’Europa 1515-2016. L’esposizione presenta un spaccato di storia locale, ma anche nazionale, con lo sguardo che si allarga ad abbracciare le relazioni stabilite dal ghetto con altri quartieri ebraici italiani ed europei. Importanti dipinti (di Bellini, Carpaccio, Hayez e Chagall), disegni, volumi in rarissime edizioni originali, documenti d’archivio, oggetti liturgici, arredi e ricostruzioni multimediali permettono di dar conto di una vicenda di lungo periodo, fatta anche di relazioni e scambi culturali.

 

 

 

 

Uno sguardo ”altro” al Centro

Scendiamo verso la Pianura Padana e raggiungiamo Parma dove Palazzo Bossi Bocchi, sede della Fondazione della locale Cassa di Risparmio, è anche lo spazio delle sue collezioni d’arte. Il materiale è prevalentemente formato da opere di artisti locali e stranieri che hanno lavorato per le corti dei duchi Farnese e Borbone, di Maria Luigia, dei secondi Borboni per arrivare nel contemporaneo: dipinti, sculture e complementi d’arredo che raccontano la storia ducale nonché la magnificenza di alcune collezioni private parmensi (quella Garbarino che ha nello splendido nucleo di maioliche il suo punto di forza, i dipinti di Fattori, Lega, Borrani, Signorini, le vedute lagunari di Ciardi e Fragiacomo) acquisite nel tempo dalla Fondazione. Proseguendo verso l’Italia di mezzo, a Firenze, oltre ai “soliti noti” è il caso di rendere omaggio al delizioso Museo Horne ospitato in una dimora rinascimentale e frutto di un generoso lascito allo Stato Italiano da parte dello studioso inglese Herbert Percy Horne. Qui, il collezionista venuto da Oltremanica accumulò molteplici oggetti acquistati nel mercato antiquario di fine ’800, arrivando a possedere autentici capolavori come la tavola di S. Stefano di Giotto, una Madonna col Bambino attribuita a Simone Martini, un trittico con i Santi di Leonardo e persino una delle rarissime tavole di Masaccio, ovvero un frammento della predella con le Storie di S. Giuliano dal Trittico Carnesecchi. Tornando a bagnarci in Adriatico, a Rimini vale la visita il singolare Museo degli Sguardi. Ispirata al Museum of Primitive Art di New York, la collezione si propone di illustrare al pubblico come si è evoluta la visuale delle culture “altre” da parte dell’Occidente. Dal primo scandalizzato sguardo cristiano che arrivava a scorgervi una prova esotica dell’esistenza del diavolo, a quello curioso dei viaggiatori e degli scienziati che iniziavano a catalogare le meraviglie della natura, a quello dei pittori moderni e surrealisti che nell’arte di terre lontane videro svelata una diversa visione del mondo. Poco più a sud, in quel di Pesaro, alla Pinacoteca dei Musei Civici tra gli altri tesori è possibile ammirare la maestosa Pala di Pesaro di Giovanni Bellini, uno splendore per gli occhi e per il cuore, un’opera fondamentale per capire l’influsso di Piero della Francesca sulla pittura veneziana rinascimentale.

 

 

 

 

Reale e virtuale

E che dire dei tesori nascosti nel Meridione d’Italia? Tre esempi per tutti: il primo è il Museo Jatta a Ruvo di Puglia (Ba), che conserva oltre 2000 oggetti provenienti dagli scavi archeologici nel territorio regionale (raccolti da Giovanni Jatta); il più importante è il Vaso di Talos, di origine attica (V sec. a.C.), caratterizzato da colori e un senso della profondità che lasciano stupefatti. Il museo è un unicum anche per essere nato da una collezione privata ottocentesca la cui concezione museografica è rimasta inalterata. Raggiungiamo dunque la Costiera Amalfitana, dove alla Scuola Medica Salernitana, istituzione antesignana delle moderne università, viene reso omaggio con un museo didattico a Salerno nella sconsacrata Chiesa di San Gregorio. Pressoché privo di reperti storici, il museo adotta tecniche rivoluzionarie di comunicazione avvalendosi di immagini raccolte nelle biblioteche di tutto il mondo e introducendo le nuove tecniche di interazione sia per manipolare gli oggetti sia per animare le miniature attraverso attori. Il nostro viaggio si chiude in Sicilia, nelle sale di Palazzo Abatellis dove sono ospitate le opere provenienti da acquisizioni, donazioni e incameramenti di beni degli enti religiosi soppressi nel 1866. Al suo interno, rapisce l’enigmatico affresco del Trionfo della Morte (metà del XV secolo), ma l’opera più rilevante è la Vergine Annunziata di Antonello da Messina, un’immagine magnetica con quella sua mano protesa, quello sguardo pudico e intenso, quella luce che scende dall’alto per riflettersi sul volto e sul casto velo che lo incornicia determinando un effetto di purezza formale assoluta.

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