La festa più importante dell’anno da sempre viene vissuta circondati dall’affetto dei propri cari. Inevitabile ritrovarsi a tavola per cenare o pranzare insieme, anche se per questo 2020 si cercherà di ridurre il numero dei componenti. Vicini o distanti, nessuno rinuncerà ai dolci secondo i riti tradizionale delle proprie città. Il Natale in Sicilia vede, accanto ai classici panettoni e pandori, alcune intramontabili delizie come il buccellato, i nucatuli, la cubbaita e i mostaccioli.

Il buccellato o cucciddatu il cui termine deriva dal latino tardo buccellatum (bocconcino” che significa “pane da sbocconcellare” ossia “pane adatto a diventare un boccone per la sua morbidezza”, è un dolce molto profumato che si conserva per parecchi giorni: un impasto di pasta frolla steso a sfoglia e farcita con un ripieno di fichi secchi, noci, uva passa, mandorle, miele, scorze d’arancia o altri ingredienti che variano a seconda delle zone in cui viene preparato, poi chiusa e conformata in vari modi.

Parenti strettissimi dei buccellati sono i cuddureddi che a seconda del luogo di produzione presentano varianti sia nelle forme che negli ingredienti: nella provincia di Trapani vengono sono costituiti da un involucro di pasta friabile lavorata con lo strutto e farcita con marmellata di fichi oppure con mandorle, mentre a Modica hanno tra i loro ingredienti il vino cotto.
Forme e sapori della tradizione
Di tradizione araba, come quasi tutta la pasticceria siciliana, i nucàtuli a forma di S, aperti sulla superficie, da cui esce la farcia, un impasto di fichi secchi, uva passa, miele o mosto cotto, noci o mandorle, scorza d’agrumi. Sembra siano state le suore del monastero di S. Elisabetta di Palermo ad elaborarne la prima ricetta. L’etimologia fa pensare al latino nux-tholus, talamo di noce.

Nelle tavole natalizie, fanno bella figura di sé anche i mostaccioli o mustazzola, il cui nome deriva dal latino mustaceum che indicava un dolce il cui ingrediente principale era il vino cotto. Questa specialità, infatti, è a base di farina e vino cotto ed il nome pare che nulla abbia a che fare con il mosto bensì come scrisse Giuseppe Coria nella sua opera Profumi di Sicilia con le foglie (mustace) soprattutto di alloro in cui questo dolce veniva avvolto per essere poi cotto in forno.
Il croccante di Sicilia
E poi da ricordare la giuggiulena o cubbaita, un croccante preparato con semi di sesamo ai quali si uniscono nella preparazione delle schegge di mandorle e del miele. Uno dei dolci preferiti dallo scrittore siciliano Andrea Camilleri, che così ne scrisse:
“Semplice e forte, un dolce da guerrieri, lo devi lasciare ad ammorbidirsi un pochino tra lingua e palato, devi quasi persuaderlo con amorevolezza ad essere mangiato. Ti invita alla meditazione ruminante. Rende più dolce e sopportabile l’introspezione che non sempre è un esercizio piacevole. Alla dolcezza del miele mischia l’amarostico delle mandorle tostate e il ricordo del verde attraverso il pistacchio. Diventa così una sorta di filosofia del vivere”.
