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70 anni di Made in Italy su due ruote

È una scommessa tutta italiana nata sulle ceneri di un Paese appena uscito dalla guerra. Per una generazione ha rappresentato la speranza in un futuro migliore, più libero e ricco, diventando il simbolo della Dolce Vita e del modo di vivere italiano: oggi la Vespa – il prodotto principe della Piaggio di Pontedera – festeggia un compleanno importante e viene celebrata nelle sale di un Museo ricco di modelli e storia.

Condivide con pasta, pizza, Ferrari o Jacuzzi l’idea dello stile italiano nel mondo. Complice il cinema, è diventata simbolo della rinascita di un intero Paese dopo gli anni della guerra. Ora che la Vespa spegne 70 candeline, lasciandosi alle spalle 18 milioni di esemplari nei cinque continenti, quel 1946 sembra lontanissimo, tanti sono i traguardi raggiunti. Piaggio, casa madre della “regina delle due ruote”, è stato il primo marchio globale della mobilità, e ha saputo unire in un’unica passione generazioni diverse guidando fenomeni di costume e stagioni di benessere economico. Che l’azienda tuttavia non viva del suo splendido passato lo testimonia la produzione, triplicata in un decennio: dai 58mila veicoli del 2004 ai 170mila del 2015, realizzati a Pontedera (per Europa e America), in Vietnam (per l’Asia) e Baramati, dove dal 2012 nascono i mezzi per il mercato indiano.   

E Vespa fu

Dopo un passato nel settore degli arredamenti navali e ferroviari, tram e persino aerei e idrovolanti durante le due guerre mondiali, nel ’46 la Piaggio passa dal fondatore Rinaldo ai figli Armando ed Enrico, con quest’ultimo che cura la riconversione dello stabilimento di Pontedera puntando sulla voglia di mobilità individuale del Paese. Insieme al progettista Corradino D’Ascanio cerca un prodotto a basso costo e di largo consumo, e scartato il prototipo “Paperino” l’ingegnere pensa a qualcosa di radicalmente diverso: una scocca portante per eliminare la catena; il cambio sul manubrio per agevolare la guida; un supporto simile al carrello degli aerei per facilitare il cambio delle ruote. Infine, una carrozzeria capace di proteggere il guidatore: molto prima degli studi ergonomici, la posizione di guida era pensata per stare seduti comodi anziché in bilico su una moto a ruote alte. Nell’aprile 1946 D’Ascanio presentò il prototipo a Enrico Piaggio che – notando l’ampia parte centrale e la “vita” stretta – esclamò: “Sembra una vespa!”. E Vespa fu. Pochi giorni dopo iniziò la produzione di 2000 esemplari, in vendita a 55mila lire o 61mila nella versione col tachimetro. Della Vespa iniziarono a parlare le riviste, i cinegiornali in Italia e negli Usa, e gli scettici dovettero presto cambiare idea.

Gli anni del “miracolo”

Nel ‘47 la produzione decolla e l’anno successivo esce la Vespa 125. Se nel ‘46 Piaggio immette sul mercato 2.484 scooter, che diventano 10.535 l’anno seguente, nel 1948 l’azienda arriva a produrre 19.822 mezzi e addirittura 171.200 nel ’53. Anche i mercati esteri guardano con interesse alla novità: il Times parla di “un prodotto interamente italiano come non se ne vedevano da secoli dopo la biga”. Vespa diventa il prodotto Piaggio per eccellenza: Enrico ne alimenta la diffusione all’estero, e collauda personalmente prototipi e nuovi modelli. Andare in Vespa diventa sinonimo di libertà e di rapporti sociali più facili: al cinema, nella letteratura e negli spot compare tra i simboli di una società che cambia. Negli anni ‘50 la Vespa viene commercializzata in 114 Paesi, dall’Australia al Sud Africa (dove si chiama “Bromponie”, il pony della brughiera). E viene copiata, come accade con la Viatka russa del ‘57, un clone pressoché perfetto. Per Vespa si creano le più fantasiose versioni, prodotte da Piaggio o da appassionati: è il caso della Vespa-sidecar o della Vespa-Alpha che poteva anche volare, navigare e immergersi. Oggi, tutta questo patrimonio di modelli e di storia è raccontato nelle sale del Museo della Piaggio, inaugurato nel marzo del 2000 nei 3mila metri quadrati dell’ex officina attrezzeria, uno dei corpi di fabbrica più antichi e affascinanti del complesso industriale di Pontedera.

Per saperne di più: www.it.vespa.comwww.museopiaggio.it   

I modelli più amati

Nell’immaginario collettivo, il modello più ricorrente è la Vespa 50 nata nel ‘63 in risposta all’introduzione della targa obbligatoria per le cilindrate oltre i 50 cc. Lo scooter vende circa 3,5 milioni di esemplari nei vari modelli e versioni. Altri modelli cult sono la Vespa PX, le Granturismo 125L e 200L, la Vespa LX e la Vespa GTS 250. L’ultima arrivata è invece la Vespa 946, presentata al salone EICMA di Milano, che – anche alla versione griffata da Giorgio Armani – abbatte le emissioni di Co2 del 30%.

Vespa superstar

Negli anni della Dolce Vita i reportage stranieri descrivevano l’Italia come “il Paese della Vespa” e le “due ruote” di Pontedera entrarono in centinaia di film, vecchi e nuovi. Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze Romane (1953) furono solo i primi di una lunga serie di attori ripresi sullo scooter, in film che vanno da American Graffiti a Il talento di Mr. Ripley fino a La carica dei 102, per non parlare di Caro Diario o dei recenti “Alfie” con Jude Law, “The Interpreter” con Nicole Kidman e il blockbuster “Transformers”.

Le imprese

Negli anni ’50 la Vespa ha vissuto anche una carriera agonistica in competizioni ufficiali (velocità e fuoristrada) e “avventure” inusuali. Nel 1952 il francese Georges Monneret costruisce una Vespa anfibia per la corsa Parigi-Londra, e compie la traversata della Manica. In quegli anni parte il primo di un’innumerevole serie di raid: una spedizione in Congo, viaggio incredibile con uno scooter nato per muoversi in città. Lo studente Giancarlo Tironi raggiunge il Circolo polare artico, l’argentino Carlos Velez attraversa le Ande da Buenos Aires a Santiago del Cile, Roberto Patrignani va da Milano a Tokyo, Soren Nielsen in Groenlandia, James P. Owen dagli Usa alla Terra del Fuoco. E ancora: Santiago Guillen e Antonio Veciana vanno da Madrid a Atene (la loro Vespa, decorata da Salvador Dalì, è esposta al Museo Piaggio) e l’australiano Geoff Dean compie in Vespa il giro del mondo. Pochi sanno che nel 1980 due Vespa PX 200 giunsero al traguardo della Parigi-Dakar, la “classica” del deserto. E la Vespa continua a viaggiare con Giorgio Bettinelli, che dal ’92 a oggi è stato in Vespa fino a Saigon, dall’Alaska alla Terra del Fuoco, da Melbourne a Città del Capo, infine dal Cile alla Tasmania attraverso Americhe, Siberia, Europa, Africa, Asia e Oceania, per 144.000 km in 3 anni e 8 mesi, attraverso 90 nazioni.

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